L'OSSERVATORIO

E-skill non solo per l’Ict, ora la sfida è nei lavori “tradizionali”

Il peso delle competenze digitali cresce in tutti i settori produttivi con un’incidenza media del 13,8%, ma con punte che sfiorano il 63% nelle aree “core” di Industria e il 41% nei Servizi. Mismatch bestia nera dell’Italia: è necessario rinnovare i percorsi scolastici ed universitari e al contempo riconvertire la formazione interna a imprese pubbliche e private. La fotografia scattata dall’Osservatorio Competenze Digitali

Pubblicato il 05 Giu 2018

people in a computer network

Non basta più guardare al gap di specialisti nel settore Ict, ora bisogna focalizzare l’attenzione sulla capacità di rispondere alla crescente domanda di skill digitali anche nelle professioni tradizionali. In tutti i comparti e funzioni aziendali si richiedono infatti competenze digitali, non solo per creare applicazioni o gestire sistemi ma per comunicare, vendere, produrre, amministrare, gestire il personale, e così via. Alla sfida di investire nelle competenze specialistiche, si aggiungono così quelle di adeguare i percorsi formativi e sostenere l’aggiornamento digitale di milioni di lavoratori attraverso la formazione continua. Sono queste le conclusioni della quarta edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali, realizzato da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter con il supporto di Cfmt, Confcommercio, Confindustria e in collaborazione con Miur e Agid: il report ha esteso l’osservazione alle professioni non informatiche, quelle in cui si colloca il grosso degli occupati e dei candidati all’assunzione.

Il report è stato frutto di “elaborazioni big data” ovvero di informazioni contenute in 540 mila ricerche di personale via web per 239 figure professionali e di ulteriori rilevazioni e focus group per i settori dell’Industria, del Commercio e dei Servizi, con particolare riferimento alla manifattura della meccanica e del fashion, al piccolo commercio al dettaglio della moda, all’hospitality (alberghi- ristorazione) e al settore pubblico.

Quello che è emerso, appunto, è che la domanda di competenze digitali – l’indice di valutazione è il Digital Skill Rate (Dsr) – continua a crescere anche nelle professioni non informatiche, sia per le attività core dell’azienda sia per il Supporto e Management.

È nell’Industria che il fenomeno è più evidente: il Dsr va dal 20% medio per le professioni di Supporto e Management al 17% medio per le figure core, con punte più elevate nella produzione, progettazione, ricerca e sviluppo, nel marketing e nella gestione delle risorse umane. Rispetto al 2014, nel 2017 si è riscontrato un incremento del Dsr del 4% per le professioni dell’area di Supporto e Management e del 2% per quelle dell’area Core.

Un andamento simile, seppure meno marcato, è nei settori dei Servizi e del Commercio. Nei Servizi, il Dsr medio va dal 14% per le figure di Supporto e Management al 13% per le figure professionali Core, ove il Dsr è cresciuto del 3% dal 2014 al 2017. Nel Commercio, l’indicatore presenta valori medi del 13% per le figure di Supporto a Management e del 12% per quelle Core.

L’analisi si è estesa anche ai diversi tipi di competenze digitali richieste: applicate (capacità di usare strumenti e software nei processi operativi e decisionali), tecniche Ict (vicine alle specialistiche, su soluzioni e piattaforme tecnologiche), di base (per l’uso quotidiano di strumenti informatici) e di brokeraggio informativo (utilizzo di strumenti informatici per lo scambio di informazioni e la comunicazione). Significative le differenze riscontrate nei diversi settori.

Gli skill digitali di base pesano per il 41% nell’Industria, il 49% nei Servizi e il 54% nel Commercio; gli applicativi per il 40% nell’Industria, il 25% nei Servizi e il 21% nel Commercio; quelli di Brokeraggio per il 12% nell’Industria, il 16% nei Servizi e il 20% nel Commercio; quelli tecnici Ict per il 7% nell’industria, il 10% nei Servizi e il 4% del Commercio. Separando gli skill di base dagli altri, definiti come skill avanzati, si nota come la domanda di skill di base prevalga solo nel Commercio, mentre nell’Industria e nei Servizi prevalgono gli skill avanzati, visti come fattori di una più evoluta professionalità. E questo si accentua per le attività più tipiche dell’azienda ove la rilevanza media degli skill avanzati sale al 63% nell’industria e al 41% nei Servizi.

Si è riscontrata una forte correlazione tra skill digitali e soft skill, e cioè quelle abilità trasversali un po’ a tutti mestieri che connotano comunque una più evoluta professionalità: apertura al cambiamento, conoscenza dell’inglese, problem solving, team working, pensiero creativo, capacità di parlare in pubblico, di gestire il tempo e di comunicare con i clienti. La presenza di soft skill è infatti uguale o maggiore rispetto alla media di settore nelle professioni con Dsr più elevato, con rispettivamente 35% nel Commercio, 36% nei Servizi e 35% nell’Industria.

Il percorso verso una maggiore consapevolezza dell’impatto del digitale sul valore del business non è ancora completato in diversi ambienti del management italiano, per motivi di ordine anagrafico, legislativo o semplicemente culturale. Ne risulta che è ancora troppo elevata la quota di aziende ed enti in cui la transizione al digitale è ancora a un livello troppo basso nella scala delle priorità strategiche rispetto all’effettiva urgenza, malgrado la quota crescente di competenze digitali richieste nelle funzioni direttive e manageriali. Le cosiddetta e-Leadership risulta in crescita ma non si può dire ancora che sia pervasiva.

Un ulteriore zoom ha riguardato cinque settori cruciali per la crescita del Paese: Industria Meccanica, Moda, Dettaglio Moda, Hospitality (alberghi e ristorazione), Settore Pubblico. Molte le differenze riscontrate. Nell’Industria Meccanica, ove l’indice medio di pervasività del digitale nelle professioni è del 26%, cresce la necessità di competenze digitali nelle Direzioni. La funzione del Personale, anche in ottica Industria 4.0, è sfidata a sostenere la ricerca e la formazione di competenze in linea con l’innovazione digitale, a diffondere la cultura digitale in tutte le aree e modernizzare l’approccio alla ricerca e ritenzione dei talenti anche puntando sui canali Web e sull’immagine;

Nell’Industria della Moda, ove l’indice Dsr è mediamente più basso, si chiedono competenze digitali per le figure a più elevata professionalizzazione (nel 59% dei casi). Il reperimento, il mantenimento e la conversione al digitale avviene nei modi più diversi, dalla formazione strutturata al training on the job, ma per un numero limitato di figure, poiché il problema del settore oggi è quello della forte carenza di figure base per le attività di fabbrica;

Nel Piccolo Dettaglio Moda (meno di 10 addetti) prevale la ricerca di competenze digitali attraverso contratti part-time e, soprattutto, consulenze esterne. Tuttavia, nelle realtà più avanzate, che spesso fanno capo a manager giovani, l’attitudine al digitale è una marcia in più per contribuire al successo dell’impresa, e si creano posizioni e percorsi per le risorse da avviare all’attività di gestione del sito web del negozio, dei social, della vendita on-line;

Il digitale è percepito come necessità irrinunciabile nell’Hospitality, un settore che opera sempre più tramite piattaforme online.  Anche in questo caso, le competenze digitali evolute sono spesso incluse in servizi esterni o consulenze. Tuttavia, le competenze legate all’uso e alla comprensione delle potenzialità del digitale sono richieste per più della metà delle figure manageriali, che sono anche quelle su cui si concentrano formazione e politiche di ritenzione. 

L’evoluzione digitale attuata sta sollecitando anche le PA e le in house ad adeguare gli skill tecnologici e manageriali già presenti e a curare i meccanismi di attrazione e ritenzione dei talenti. La dirigenza è l’ambito professionale in cui è più richiesta la disponibilità di competenze digitali. Il reperimento di competenze poggia principalmente sulla riconversione al digitale degli addetti già attivi nelle strutture. La criticità maggiore è il blocco del turn-over all’interno del settore pubblico e l’impossibilità, stanti gli attuali vincoli normativi, ad offrire condizioni retributive ai giovani talenti digital che siano competitive con quelle di mercato.

 Tutte le evidenze dello studio portano a vedere il digitale come componenteindispensabile e sempre più importante in tutti i mestieri, nuovi e di sempre. L’Osservatorio ha identificato almeno quattro ambiti su cui impostare nuove iniziative e rafforzare quelle già esistenti, a cominciare dal rinnovare i percorsi di formazione in ottica digitale a tutti i livelli: dalla scuola secondaria all’università, dalla riconversione professionale alla formazione del management; ridurre l’eterogeneità nella domanda di competenze digitali nelle professioni, a livello settoriale, funzionale o territoriale;  sostenere la piena valorizzazione delle opportunità di lavoro legate a competenze digitali non specialistiche, anche nei settori non tecnologici; spingere le capacità di e-Leadership e change management nei ruoli dirigenziali e in tutte le imprese, perché è il management che deve stimolare l’innovazione.

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