Una bocciatura più che un monito contro i bitcoin: è quanto arriva da un articolo di 24 pagine pubblicato dalla Banca dei regolamenti internazionali (Bri o Bank for international settlements, Bis) che sostiene che il mondo delle criptovalute è compromesso da falle che lo rendono insostenibile a meno di accettare elevati rischi, tra cui un pesante consumo di energia elettrica e banda larga, cyberminacce e manipolazioni. In conclusione, la tecnologia blockchain e del registro distribuito, su cui si basano bitcoin e le altre monete virtuali, non è adeguata per i servizi finanziari mainstream.
L’articolo del Bri fa parte dell’annuale report economico dell’istituto finanziario internazionale e afferma che i sistemi come il bitcoin sono penalizzati da una “serie di problematiche” che impediranno a tutte le criptovalute di arrivare mai a soddisfare le alte aspettative suscitate. L’interesse è grande, gli investimenti crescono ma bitcoin & co. non possono servire il mercato come gli strumenti finanziari tradizionali.
I difetti principali sono presto elencati: le criptomonete sono instabili, consumano troppa elettricità e sono soggette a livelli eccessivi di manipolazione e frode per poter servire come mezzi di scambio bona fide per l’economia globale. Il Bri cita la natura decentralizzata delle criptovalute come il principale difetto dell’intero sistema, anziché il suo maggiore pregio, come vogliono i sostenitori del meccanismo automatizzato, distribuito e digitalizzato.
Il Bri ha anche calcolato quanta energia e banda larga occorrerebbero per elaborare con la blockchain tutte le transazioni digitali retail che oggi vengono svolte dai sistemi di pagamento nazionali: se tutto passasse per i registri distribuiti, server e device connessi – smartphone compresi – sarebbero congestionati a tal punto da mandare Internet in tilt. I miners di bitcoin che oggi accelerano il passo per creare valuta e battere la concorrenza stanno usando tanta elettricità quanto la Svizzera intera, continua lo studio: “La corsa al decentramento si sta trasformando in un disastro ambientale“.
L’articolo pubblicato dall’istituto internazionale con sede a Basilea sottolinea anche la volatilità delle criptovalute e la loro vulnerabilità alle speculazioni: solo quest’anno il valore complessivo del mercato delle monete virtuali è crollato del 53% a 280 miliardi di dollari, mentre sugli episodi di rialzo del 2017 del bitcoin si teme l’azione di pesanti manipolazioni. Numerosi anche gli episodi di hacking sulle piattaforme di scambio, come il recente furto subito dalla sud-coreana Coinrail.
La stroncatura del Bri non è una negazione in toto della portata innovativa e dei benefici delle criptovalute per i sistemi fiananziari globali, ma un ridimensionamento della loro applicazione. Da Basilea si sottolineano l’utilità del ricorso al software per i pagamenti trans-frontalieri e i vantaggi della blockchain nel registrare le operazioni di import-export di merci, oggi ancora dipendenti dalla carta.
Ma il Bri insiste: quella che viene presentata come l’innovazione più rivoluzionaria dei bitcoin, ovvero la capacità di una persona di spedire un bene di valore a un’altra con la facilità con cui si manda un’email, è in realtà il suo tallone d’Achille. E’ troppo rischioso pensare di gestire l’economia globale su una rete decentralizzata: la fiducia nel sistema potrebbe volatilizzarsi all’istante perché il consenso “distribuito”, nella visione del Bri, è molto più fragile di quello istituzionale e centralizzato. “Una criptovaluta può semplicemente smettere di funzionare e il risultato sarebbe la perdita totale del suo valore”.