L’accordo non passa e resta il bando per Zte. Sfidando la decisione dell’amministrazione Trump, il Senato degli Stati Uniti ha approvato un emendamento alla legge di spesa per la difesa nazionale che vanifica l’intesa raggiunta con il gruppo di telecomunicazioni cinese.
Il National defense authorization act è stato approvato con il voto favorevole di 85 senatori su 100. L’emendamento bipartisan su Zte conferma il bando di sette anni alle vendite di componenti Usa imposto ad aprile al gruppo di Shenzen. Il senatore repubblicano Tom Cotton, uno dei promotori dell’emendamento, ha puntato l’indice contro il “rischio per la sicurezza nazionale” posto dall’azienda cinese. Chiedendo una campagna di pressione sanzionatoria “come quella schierata contro la Corea del Nord” per “fermare il furto della proprietà intellettuale, prevenire le infiltrazioni nelle nostre reti di comunicazioni e impedire la violazione del diritto alla privacy dei nostri cittadini”.
Viene così vanificato l’accordo raggiunto nei giorni scorsi tra il dipartimento del commercio Usa e il gruppo di Shenzhen, che prevedeva una multa da un miliardo di dollari e altri quattrocento milioni di deposito di garanzia, nonché la sostituzione dei dirigenti del gruppo, in cambio della cancellazione del bando. Il divieto di acquistare per sette anni componenti americane era stato deciso a causa del mancato rispetto di un precedente accordo che vietava esportazioni verso Iran e Corea del Nord da parte del gruppo cinese e chiedeva il ricambio di alcuni dirigenti mai rimossi.
Dopo il voto al Senato, il valore delle azioni Zte è crollato alla borsa di Hong Kong, scendendo ai minimi da due anni. Da quando il titolo ha ripreso le contrattazioni, la settimana scorsa, Zte ha perso il 38% del proprio valore di mercato, pari a oltre sette miliardi di dollari. Nei giorni scorsi erano arrivate anche le scuse pubbliche di Zte. Le sanzioni Usa “hanno causato gravi perdite e la compagnia ha già pagato un prezzo enorme”, ha detto il presidente Yin Yimin, aggiungendo che la vicenda ha esposto “problemi nella nostra cultura della compliance e del management”.
Proseguono intanto le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina nella corsa per il primato nel settore tecnologico. L’amministrazione di Donald Trump ha minacciato nuovi dazi nei confronti di Pechino, con tariffe al 10% su duecento miliardi di dollari di merci importate dalla Cina, che ha promesso di “reagire fermamente” nel caso di nuovi dazi.