Per poter ottenere i dati sul posizionamento dei telefoni cellulari degli accusati gli investigatori dovranno chiedere l’autorizzazione del tribunale. E’ la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, che si è espressa sul caso di Timothy Carpenter, arrestato con l’accusa di aver commesso una serie di rapine in Ohio e Michigan e “incastrato” proprio dai dati acquisiti sul suo conto ricostruendo gli spostamenti del suo smartphone, che risultava sempre essere sulle scene del crimine.
La decisione della Corte suprema va così nella direzione della tutela dei diritti della privacy, arrivata con cinque voti a favore e quattro contrari, a stabilire che il quarto emendamento garantisce la libertà di fronte a ispezioni non ragionevoli del governo.
La sentenza non è applicabile, in ogni caso, a tutti i casi in cui gli investigatori abbiano bisogno di accedere ai dati dei cellulari in tempo reale o in situazioni di emergenza e non influisce, spiega il giudice Roberts, sulle tecniche tradizionali di investigazione e di sorveglianza, ma deve essere applicata soltanto ai casi in cui ci sia bisogno di “ricostruire” gli spostamenti passati di un sospetto.
La corte ha così accolto la tesi della difesa di Carpenter, e dell’unione statunitense per le libertà civili, secondo cui il tribunale per aggirare il quarto emendamento ha bisogno di avere un riscontro probatorio, e quindi un’autorizzazione.
“Ci sono 396 milioni di utenze telefoniche negli Stati Uniti per 326 milioni di persone – afferma il giudice Roberts – Un telefono va ovunque vada il suo proprietario, dando alla compagnia telefonica non solo i dati sulle telefonate, ma un registro dettagliato e completo dei movimenti di una persona”.