At&t ha annunciato l’acquisizione di AppNexus, azienda che gestisce una piattaforma di scambio di online ads. A pochi giorni dal via libera al completamento del mega-merger da 85 miliardi di dollari con Time Warner, il secondo maggiore operatore telefonico mobile americano e primo player del cavo chiude il cerchio con un’operazione meno corposa dal punto di vista finanziario ma non meno strategica.
Il deal con AppNexus vale (secondo fonti ufficiose del Wall Street Journal) 1,6 miliardi di dollari e permette ad At&t di affilare le armi della concorrenza contro Google e Facebook sul terreno della advertising: AppNexus gestisce infatti una piattaforma digitale enterprise attiva su scala globale dove gli inserzionisti possono comprare pubblicità. La piattaforma verrà integrata nell’attività advertising & analytics di At&t e sarà guidata dal Ceo Brian Lesser.
L’acquisizione – che dovrebbe chiudersi nel terzo trimestre dell’anno – andrà anche a rafforzare il portafoglio di contenuti video premium sostenuti dalla pubblicità di At&t, tra cui Turner Networks, Audience Network e Otter Media.
“Comprando AppNexus At&t investe per accelerare la crescita della sua piattaforma pubblicitaria e consolidare il ruolo primario nella pubblicità Tv avanzata”, si legge in una nota dell’azienda telefonica. “AppNexus ha un team di dirigenti e dipendenti di grande esperienza, tra cui oltre 400 ingegneri informatici e product manager”.
At&t ha intenzione di continuare a sviluppare la tecnologia di AppNexus e integrarla con i dati, i contenuti video premium e la distribuzione di At&t. “At&t ha più di 170 milioni di relazioni dirette col consumatore nella sua attività mobile, video e banda larga“, sottolinea la telco.
Pochi giorni fa At&t ha ottenuto il nulla osta alla fusione con il colosso dei contenuti Timer Warner, un’operazione proposta due anni fa e contro cui aveva sollevato obiezioni antitrust il dipartimento di Giustizia americano. Il giudice federale Richard J. Leon ha tuttavia ritenuto legittima la fusione verticale, ovvero tra aziende che, pur essendo player dominanti, sono attivi in segmenti industriali diversi, e ha smontato punto per punto le obiezioni del dipartimento di Giustizia secondo cui che il maxi merger ostacolerebbe l’innovazione e potrebbe pesare sulle tasche dei consumatori.