Donald Trump prepara una nuova ondata di dazi contro la Cina: una tariffa del 10% su una lunga lista di beni di largo consumo importati dal paese asiatico per un valore complessivo di 200 miliardi di dollari – quasi la metà dell’intero export cinese verso gli Stati Uniti. Per la prima volta saranno colpiti beni di largo consumo, come pesce, valige, pneumatici, guinzagli per il cane, guanti da baseball, mobili, materassi, capi di abbigliamento, dispositivi elettronici tra cui cineprese, componenti per telefoni e schermi Tv piatti.
Il dazio sarà in vigore tra due mesi – c’è ancora, teoricamente, tempo per negoziare e cambiare idea ma di fatto l’atteggiamento dell’amministrazione Trump diventa sempre più aggressivo. L’obiettivo dichiarato è quello di proteggere merci e lavoratori americani contro l’invasione dei prodotti cinesi e di tutelare la proprietà intellettuale delle imprese degli Stati Uniti. Tuttavia dietro la guerra commerciale si nasconde una più profonda competizione per il primato tecnologico e geopolitico: nel mirino di Trump sono già finiti molti prodotti hitech inclusi nella strategia Made in China 2025 e l’intento malcelato sarebbe quello di garantire agli Stati Uniti la supremazia in due aree strategiche come il 5G e l’intelligenza artificiale.
Ad oggi Washington ha fatto scattare sanzioni contro acciaio e alluminio (che hanno colpito anche l’Unione europea e il Canada) e contro 50 miliardi di dollari di prodotti hitech cinesi importati (una parte già in vigore, il resto in arrivo ad agosto). Queste sanzioni sulla tecnologia Made in China includono oltre mille prodotti dei settori IT, aerospazio, automobili, robotica, robotica, macchinari industriali, nuovi materiali. Il totale dei dazi varati o annunciati fa salire il valore delle merci cinesi colpite dalla guerra commerciale a 450 miliardi di dollari, vicino al totale dell’export cinese verso gli Stati Uniti (505 miliardi di dollari), ha indicato una fonte ufficiale a Cnbc.
“Gli Stati Uniti sono impegnati a proteggere la tecnologia e la proprietà intellettuale americana, fermare il trasferimento di importanti tecnologie industriali e brevetti verso la Cina e aumentare l’accesso al mercato cinese per le aziende statunitensi, rimuovere tutte le sue barriere al libero commercio, incluse quelle non monetarie, che rendono più difficile per le imprese americane fare affari in Cina e perpetuano un ambiente competitivo sleale verso le imprese estere”, è la posizione della Casa Bianca.
La strategia di Trump rischia di scatenare una dura replica cinese: Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri, ha parlato di “bullismo commerciale” e indicato che la Cina “prenderà le contromisure necessarie” per proteggere i suoi interessi. Già in precedenza la Cina ha minacciato di rispondere colpo su colpo con dazi su beni importati dagli Usa di analogo valore ai beni cinesi colpiti dalle tariffe di Trump.
L’aggressività di Trump comincia a innervosire anche gli americani: il presidente del Senate Finance Committee Orrin Hatch (Repubblicano dell’Utah), finora d’accordo con le decisioni della Casa Bianca, ha definito i nuovi dazi “azzardati e spregiudicati”. La National Association of Manufacturers ha anticipato che le nuove tariffe toglieranno competitività alla manifattura statunitense.