Il bando sulle frequenze 5G sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale “in queste ore”: lo ha annunciato il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio in audizione davanti alle commissioni Industria e Lavoro del Senato. Il bando, ha detto il ministro, “garantisce continuità all’ottimo lavoro fatto in passato su questo dossier”.
“Inizia oggi una nuova tappa del percorso che porterà l’Italia a dotarsi di una tecnologia innovativa, la rete 5G, che non è semplicemente un’evoluzione del 4G, ma è una piattaforma che apre nuove opportunità di sviluppo per il nostro sistema economico – ha detto il ministro -. Una tecnologia che rappresenta un punto di rottura con il passato, sia per quanto riguarda la velocità sia il tempo di latenza, e offre potenzialità enormi sul fronte dei servizi che potranno essere sviluppati. La connessione sarà sempre più veloce e alla portata di tutti, coerentemente con gli obiettivi della Next Generation Mobile Networks Alliance, l’associazione di operatori, venditori, produttori e istituti di ricerca operanti nel settore della telefonia mobile, che prevede che le reti 5G dovranno anche soddisfare le esigenze di nuovi casi d’uso, come l’Internet of things (dispositivi connessi a Internet) nonché servizi di trasmissione e linee di comunicazione d’importanza vitale in occasione di disastri naturali”.
“Che ci sia presto il bando per la gara delle frequenze è senza dubbio una buona notizia. E positiva è la centralità che il ministro Di Maio sta dando a questo tema” commenta Antonello Giacomelli, deputato Pd ed ex sottosegretario allo Sviluppo Economico, soddisfatto per l’esplicito apprezzamento del ministro Di Maio sul lavoro fatto fin qui. “Per la gara – dice – sarebbe importante inserire nei criteri di assegnazione, accanto certo al criterio economico, una forma di valutazione, di vincolo o di incentivo per mantenere lo spirito della sperimentazione, per spingere cioè operatori e grandi soggetti internazionali a coinvolgere nella creazione, nella progettazione e nella realizzazione dei servizi innovativi, le università, i centri di ricerca e le aziende italiane”.
Il traguardo 5G viene indicato dall’attuale governo come determinante: “Le differenze tra il 4G e il 5G – riprende Di Maio -vanno al di là della maggiore velocità e si traducono, come già anticipato, in un più elevato numero di dispositivi connessi simultaneamente, in una più elevata efficienza spettrale di sistema (volume di dati per unità di area), un più basso consumo delle batterie, una migliore copertura, alte velocità di trasmissione in porzioni più grandi dell’area di copertura, latenze inferiori, un più elevato numero di dispositivi supportati, costi più bassi per l’installazione delle infrastrutture, una più elevata versatilità e scalabilità e, infine, una più elevata affidabilità delle comunicazioni”.
“Voglio infine rimarcare come la connessione a Internet sia espressione di democrazia e debba essere considerata un diritto primario di ogni cittadino. Tutti i consumatori avranno diritto alla fruizione dei servizi di fonia e internet a un prezzo accessibile, come stabilito dagli artt. 79 e 80 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche approvato dal Parlamento Europeo” ribadisce Di Maio. “C’è libertà degli Stati di prevedere fondi interamente nazionali o privati per sostenere la misura. C’è inoltre libertà degli Stati di prevedere che le fasce deboli abbiano pacchetti agevolati in modo tale che non siano socialmente escluse arrivando a erogare il servizio gratis, se ritenuto necessario, compatibilmente con il regolamento sul regime di aiuti di stato. Internet – conclude il Ministro – deve essere considerato un bene di prima necessità, alla stregua dell’acqua e dell’energia elettrica, accessibile a tutti, in special modo ai più svantaggiati economicamente”.
In realtà la strada verso il 5G non è ancora del tutto spianata. Gli avvocati dei broadcaster italiani – in prima linea Mediaset e le TV di Cairo oltre a raggruppamenti di locali – sarebbero pronte a impugnare il documento Agcom di adozione del nuovo piano frequenze, non ancora reso noto nei dettagli. Anche la stessa Agcom si è premunita di mettere sul tavolo le “criticità riscontrate sull’attuazione della legge di bilancio”: parallelamente all’approvazione del Pnaf ha inviato una “segnalazione al governo”.
Le “criticità” fanno perno sulla riduzione delle frequenze a disposizione delle emittenti televisive, necessaria per far posto al 5G, in particolare sulla fascia 470-694 Mhz dello spettro radio (la banda 700 Mhz). Qui i broadcaster dovranno “stringersi” abbandonando entro il 2022 circa la metà dei multiplex che avevano a disposizione per spostarsi sulla banda “sub-700”. Percorso complicato al termine del quale le emittenti potranno contare solo su una parte delle “vecchie” frequenze (alcune andranno condivise).
L’operazione “dimagrimento frequenze” non va giù ai broadcaster italiani. Nel mirino ora potrebbe finire la norma italiana in base alla quale un terzo delle frequenze complessive devono essere riservate alle Tv locali: uno spazio prezioso che, con un’adeguata “rottamazione” della norma, potrebbe ipoteticamente essere “ridistribuito” a Mediaset, Cairo e Rai. Certo, un’operazione non a costo zero che sottrarrebbe risorse al Paese nonché all’atteso “incasso” dell’asta.
Secondo la Legge di Bilancio la partita finale si giocherà alla fine dell’estate, quando il ministero dello Sviluppo darà il via alle procedure di gara per le assegnazioni delle licenze. Le frequenze che andranno a gara sono state identificate seguendo le indicazioni della Commissione Ue (“5G Action Plan”): saranno infatti assegnati i lotti di frequenze inclusi nelle cosiddette bande pioniere: le bande a 700 MHz, 3.400–3.800 MHz e 24,5–27,5 GHz. Lo Stato prevede di incassare almeno 2,4 miliardi: i primi 1,25 dovranno essere versati subito dopo la gara, entro il 31 dicembre 2018.