Tim chiude il primo semestre con risultati in linea con le attese degli analisti. Pesa il cambio euro-real ma i conti mostrano risultati operativi solidi soprattutto in Italia, con un utile di 554 milioni e ricavi per 9,44 miliardi (-2,7%) che vedono contrapporsi “al positivo andamento della Business Unit Domestic (+24 milioni di euro), la riduzione della Business Unit Brasile (-286 milioni di euro) interamente correlata alla svalutazione del real brasiliano, superiore al 20% rispetto al primo semestre 2017” spiega Tim.
I conflitti tra gli azionisti sembrano superati. Nonostante i rumors Elliott non ha modificato il suo investimento (fermo all’8,85%) e anche se Vivendi ora non ha più il coordinamento e controllo, il cda “in ottica di maggiore trasparenza e garanzia” reintroduce la qualifica di parti correlate “ai partecipanti a patti parasociali che disciplinino la candidatura alla carica di consigliere, là dove dalla lista così presentata sia risultata tratta la maggioranza dei Consiglieri nominati”. Questo nonostante non risultino, allo stato attuale, patti tra i soci.
Sempre in tema di governance è stato reintrodotto il Lead Independent Director “a supporto del Presidente (indipendente) nel coordinamento delle attività consiliari” ed è stato nominato per questo ruolo Dante Roscini.
L’ebitda (3,9 miliardi -4,8%) “sconta l’effetto negativo della componente Domestic (-4,8%) per elementi non ricorrenti, tra cui l’accordo sulla Solidarietà rinnovato solo a fine giugno 2018, l’impatto del ritorno alla fatturazione mensile, la nuova regolamentazione europea sul roaming e altri aspetti regolatori”. “Ai solidi risultati operativi si è accompagnata un’attenta disciplina nei costi, che ha permesso efficienze e una generazione di cassa netta di 396 milioni di euro nel secondo trimestre, che ha consentito di ridurre il debito di gruppo al 30 giugno di ulteriori 167 milioni di euro” a 25.141 milioni.
Il cda ha inoltre guardato alle strategie dei prossimi mesi. Dato che l’asta 5G (si svolge a settembre) non era prevista nel piano, ha cominciato ad esaminare gli impegni che potrebbero derivarne. Inoltre “ha avviato un percorso di valutazione delle opzioni strategiche delle sue partecipate, confermando la prosecuzione del processo di vendita di Persidera“. Sono “gli asset non core, non strategici, quelli che vanno venduti” ha ribadito l’ad Amos Genish sottolineando che a parte Persidera, la società cui fanno capo i mux di cui Tim ha il 70%, per ora “non ci sono altri asset in vendita”.
Sul tema separazione di rete “è un catalizzatore molto importante per la situazione normativa che ci aspettiamo per il 2019 e anche per avere migliori rapporti” con il governo e con il regolatore, ha detto Genish in conference call parlando della netco. Una volta separato l’asset sarà “un driver importante per l’efficienza, la produttività e per avere altre opzioni per effettuare transazioni che non sarebbero possibili a livello di Tim”.
Per quanto riguarda eventuali collaborazioni con Open Fiber “Telecom Italia – ha detto Genish – è aperta al dialogo, ma lo sforzo non dovrà essere ‘unilaterale'”. ‘Telecom sta bene anche da sola, il nostro business va bene”. Ci sono in Italia “discussioni – ha proseguito – per realizzare un unico sforzo per costruire la fibra del Paese. Bisognerà poi vedere cosa succederà a livello di governo”. Genish ha quindi aggiunto: “Abbiamo già detto che saremo felici di collaborare con Open Fiber per migliorare la penetrazione del broadband al 2025 e per far fronte agli obiettivi dell’Unione europea sulle tlc e sulla fibra. La nostra attitudine è positiva, ma per adesso non c’è nessuna iniziativa concreta”. Del resto la penetrazione dell’ultrabroadband è ancora bassa in Italia, dunque “ogni operatore che porti la fibra è piu’ che benvenuto”.
Il manager ha spiegato che per adesso la concorrenza nell’infrastruttura fissa è limitata. ‘Noi sviluppiamo la nostra copertura Ftth (Fiber to the Home, ndr) e siamo a un ottimo livello di copertura, anche se penso che l’Ftth debba aumentare ancora nel mercato visto che oggi è molto piu’ basso dell’Fttc – ha detto -. C’e’ ancora strada da fare, ma il processo è in atto’. Anche altre tecnologie come il 5G vano nella direzione di affrontare le maggiori esigenze della clientela.
Rispetto allo scenario competitivo italiano, Kena, il second brand di Tim “non urla tanto – ha detto Genish – ma ha già mezzo milione di clienti” ed è riuscita a proteggere l’azienda dalle politiche aggressive di Iliad “senza cannibalizzare”. I clienti di Iliad “per il 60-65% sono ‘mobile portability” ma Tim “ha perso meno quote di mercato degli altri grazie al buon posizionamento con Kena”. “La nostra sensazione – ha aggiunto Genish – dal punto di vista dei clienti persi a favore di Iliad è che siano i cosiddetti ‘surfer’, quelli passano velocemente da un operatore all’altro, non sono giovani come pensavamo inizialmente, hanno più di 40 anni e sono forti consumatori di dati”. Inoltre “dal picco visto al momento del lancio con il tempo vediamo ridursi le migrazioni, oggi già di un terzo”. Per Kena Genish ha anticipato che nella seconda parte dell’anno verrà lanciato il 4G. “Con Kena – ha detto – raggiungeremo segmenti di mercato che non avremmo raggiunto con Tim”.
Il piano per la separazione della Rete invece è sempre in attesa del parere dell’Agcom ma oggi l’Authority, come si legge nell’ordine del giorno della riunione del consiglio, discuterà la proroga del procedimento istruttorio. E’ “del tutto volontaria” e “non ci sono a mio parere i presupposti per una separazione obbligatoria che Agcom avrebbe il potere di imporre” ha ribadito il presidente Angelo Cardani in un’audizione alla commissione Trasporti della Camera. Si tratta di una separazione sostanzialmente societaria, che non porta a una separazione completa della rete che “sarebbe invece il presupposto per una società nazionale della rete”, spiega Cardani. Sulla possibilità dell’acquisizione di Open Fiber, il presidente dell’autorità osserva di aver “detto che è un progetto serio e ragionevole e chiesto di andare nel dettaglio” e Tim sta aggiornando il progetto “che valuteremo – aggiunge Cardani – insieme all’analisi del mercato”.