In tempi non sospetti, Tripwire affermò che hi-tech è
acceleratore dei conflitti militari. Chi dubiti osservi la Libia e
i dintorni. Anche la manipolazione delle informazioni, spiegammo,
entra nello scenario e c’è poco da condolersi se non si è
presenti hic et nunc con la propria controinformazione.
La guerra oggi si è portata più vicino alla visione di Lenin e
poi di Foucault (“la politica è prosecuzione della guerra con
altri mezzi”) che invertono i termini di Clausewitz (“la guerra
prosecuzione della politica con altri mezzi”). Non è questione
di precedenze fra uovo e gallina: lo assicura l’irradiarsi della
IT mentre gli schieramenti militari si posizionano dall’Asia, al
Vicino Oriente, fino alle porte di casa e gli Usa scrivono che la
guerra senza fine giova all’economia, la loro.
Come l’IT svincola l’economia dal territorio, così l’hi-tech
espande senza limiti il campo di battaglia, cui oggi possiamo
associare non meno di 10 dimensioni: sottomarino, marino,
terrestre, sotterraneo, aereo, spaziale, cibernetico, psicologico,
economico e (dis)informativo. L’ultimo, il fattore “I” è un
apocalittico principio e fine di tutto, la decima testa cervelluta
dell’Idra feroce. In “I” convivono la verità e la sua
assenza, una mistura inebriante che induce chi la manipola a
credere alle proprie menzogne, presumendo così di essere il più
forte solo perché non rammenta più le proprie vulnerabilità.
“Ciò che è, in quanto è, non è perché muta” disse Eraclito
ben prima che crollasse la borsa di Atene, e gli imperi lo hanno
sempre dimenticato prima del proprio inaspettato crollo. Poi
dissero “things change”, ma è altra cosa.