La due giorni di colloqui tra il governo americano e quello cinese, che si è appena conclusa a New York, non ha portato a passi avanti decisivi nei rapporti commerciali tra i due paesi, tanto che la trade war e i dazi incrociati già programmati, e che riguardano anche i prodotti tecnologici, entreranno in vigore senza intoppi.
Sono infatti scattati alle 6 di questa mattina i dazi Usa del 25% su 16 miliardi di dollari di importazioni cinesi, che si sommano a quelli, sempre del 25%, che erano stati decisi per 34 miliardi di importanza dal paese asiatico all’inizio di luglio. Azioni “bilanciate” dal governo cinese con misure della stessa portata nei confronti degli Stati Uniti, e con una denuncia alla World trade organization.
Se nel mirino dell’amministrazione Trump sono finiti i prodotti di 279 categorie, dai semiconduttori ai prodotti chimici e plastici, fino agli scooter e alle motociclette, la Cina ha invece “tassato” carburanti, prodotti d’acciaio, auto e attrezzature mediche di provenienza statunitense.
Il dialogo tra i due paesi era di fatto fermo da giugno, quando a Pechino si erano incontrati per un’altro summit di due giorni il segretario al Commercio Usa Wilbur Ross e il vice premier cinese Liu He
Ma se durante la due giorni di Washington non sono emersi risultati sostanziali, almeno la forma sembra salva, stando almeno ai commenti rilasciati dalla delegazione cinese, che ha parlato di colloqui “costruttivi e schietti”: “entrambe le parti terranno i contatti aperti per le future disposizioni”, annuncia in una nota il ministero del Commercio cinese. Quanto alla lettura dei fatti americana, durante i colloqui – recita una nota della Casa Bianca – i funzionari delle due parti si sono concentrati su come ribilanciare e rendere più equi i legami commerciali.
A guidare il team di diplomatici cinesi era il viceministro del commercio Wang Shouwen, metro a coordinare gil statunitensi era David Malpass, sottosegretario per gli Affari internazionali del Tesoro.