IL REPORT

L’idrovora bitcoin: il mining consuma l’1% dell’elettricità mondiale

Secondo Arvind Narayanan, esperto di Computer Science dell’università di Princeton, per la produzione di cryptovaluta servono cinque gigawatt al giorno. A determinare il consumo la potenza di calcolo necessaria agli algoritmi e quella per raffreddare i computer

Pubblicato il 27 Ago 2018

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La produzione dei bitcoin è sempre più energivora e ormai l’1% della produzione mondiale di elettricità è utilizzata a questo scopo. Lo ha affermato Arvind Narayanan, esperto di Computer Science dell’università di Princeton, durante una audizione al Senato statunitense. Secondo Narayanan, i tentativi in corso di rendere più “verdi” i bitcoin, agendo ad esempio sulla fonte di elettricità usata, sono trascurabili rispetto alle dimensioni del fenomeno. “Secondo i miei calcoli – ha affermato – in un giorno si utilizzano cinque gigawatt di energia solo per il mining dei bitcoin. Questo è appena sotto l’1% del consumo mondiale di elettricità, ovvero poco più di quanto consumano l’Ohio o lo stato di New York”.

A determinare il consumo, spiega Narayanan, è la potenza di calcolo necessaria agli algoritmi che servono alla raccolta unita all’energia necessaria per raffreddare i computer che producono le criptovalute. “L’unica cosa che davvero determina quanta energia usano i bitcoin è il loro prezzo – aggiunge – Se il prezzo della criptovaluta sale verrà usata più energia per il mining; se cala, si abbassa anche il consumo”.

Ma Narayan non è il primo ad accendere i riflettori sul tema della tema della sostenibilità ambientale. Secondo il Bitcoin Energy Consumption Index di Digiconomist la moneta virtuale consuma più elettricità della maggior parte delle nazioni mondiali. Il “mining”, cioè il sistema utilizzato per emettere bitcoin attraverso la potenza di calcolo di moltissimi computer sparsi per il globo, richiede infatti 30 terawattora all’anno, più dell’Irlanda.

La cifra fa sì che l’ecosistema bitcoin, se fosse uno Stato, sarebbe sessantunesimo al mondo per consumo elettrico. Emettere criptovaluta richiede un’energia superiore a quella consumata in un anno da Paesi europei come Austria, Croazia e Ungheria, ma anche a quella usata da ogni Stato dell’Africa a eccezione di Algeria, Egitto e Sudafrica.

Una singola transazione in bitcoin, si legge nel rapporto, utilizza un quantitativo di elettricità sufficiente ad alimentare 10 case americane, mentre nel suo complesso l’energia consumata dalla criptovaluta potrebbe soddisfare il fabbisogno di 2,79 milioni di case. A confronto, l’elettricità necessaria ai centri di elaborazione dati che gestiscono le operazioni con le carte Visa è sufficiente ad appena 50mila abitazioni.

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