IL PROGETTO

La Silicon Valley testa il reddito di cittadinanza, si parte nel 2019

L’incubatore “Y Combinator” sperimenterà l’Universal basic income su 3mila persone come possibile rimedio alla disoccupazione tecnologica. Il ceo Sam Altman: “Vogliamo studiare l’impatto sociale dell’iniziativa”

Pubblicato il 29 Ago 2018

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La  Silicon Valley  testa il reddito di cittadinanza. Come risposta al rischio “disoccupazione tecnologica” – riporta il Mit Technology Review –  Y Combinator, uno dei principali incubatori di start up della zona, sperimenterà un “Universal Basic Income” su 3mila persone, a partire dal 2019.

Realizzato in collaborazione con l’università del Michigan, il progetto prevede che mille persone ricevano uno stipendio di 1000 dollari al mese (860 euro) per tre o cinque anni, mentre alle altre duemila verrà dato un contributo di 50 dollari, per un costo totale di 60 milioni di dollari. Da definire sia i due stati in cui sarà attuato che le tipologie di persone coinvolte.

L’intenzione, spiega il direttore della compagnia Sam Altman in un post sul blog aziendale, è di verificare quali sarebbero gli effetti sociali dell’iniziativa. “Sono abbastanza sicuro che ad un certo punto nel futuro, con la tecnologia che continua a eliminare i lavori tradizionali, vedremo qualcosa del genere su scala nazionale – spiega il manager – Quindi sarebbe una buona cosa rispondere ad alcune questioni teoriche ora. Le persone starebbero a casa a giocare ai videogiochi o creerebbero nuove cose? Si sentirebbero comunque felici e realizzate? Non avendo il problema di non riuscire a mantenersi sarebbero più utili per la società? Chi riceve il sussidio crerebbe più valore economico di quello ricevuto?”. Altri esperimenti del genere in Canada e in Finlandia, fa notare il sito, sono stati interrotti prematuramente, ma la questione è ancora dibattuta anche a livello politico.

Il progetto ha subito rilanciato il dibatto sul reddito universale che anche Oltreoceano anima le riflessioni di sociologi, economisti ed esperti di digitale. Secondo Evgeny Morozov i tentativi, da parte dei big della Valley, vanno letti come una critica contro l’invadenza e l’inefficienza dello stato sociale. Problema che il reddito di base, combinato con lo smantellamento del welfare state, potrebbe facilmente risolvere.

Dato che l’era 4.0 secondo Morozov taglierà molti posti di lavoro, un reddito di base garantito e incondizionato ridurrebbe le probabilità di una “rivolta luddista”.  Inoltre la precarietà connaturata alla gig economy sarebbe più tollerabile se si ricevesse un reddito di base.  Si tratterebbe dunque di un progetto – a detta del tecnologo – che permetterebbe alla Silicon Valley di sembrare “progressista” e “attenta” diversamente da quanto è apparsa Wall Street, ad esempio. Eliminando, al contempo, tutti gli ostacoli verso un’ulteriore espansione dei profitti: stop allo stato sociale e alla regolamentazione del mercato del lavoro.

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