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Web tax sul tavolo dell’Ecofin, ma 11 Paesi sono pronti a fare da sé

La presidenza di turno austriaca, decisa a evitare le strategie unilaterali, sosterrà la linea della Commissione: prelievo del 3% sui ricavi delle società che fatturano almeno 50 milioni di euro in Ue e niente tassa sui dati

Pubblicato il 04 Set 2018

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L’Austria, presidente di turno dell’Unione europea, è decisa a trovare la quadratura del cerchio sulla questione della tassazione delle aziende digitali come Google, Amazon e Facebook e metterà sul tavolo alla prossima riunione dei ministri delle Finanze Ue una soluzione disegnata per vincere le resistenze dei Paesi ostili alla web tax come Lussemburgo e Irlanda.

La web tax da realizzare entro la fine del 2018 è uno degli obiettivi prioritari della presidenza austriaca dell’Ue, ha più volte indicato il ministro delle Finanze Hartwig Löger. Nel meeting Ecofin del prossimo weekend a Vienna, l’Austria spingerà perché entro fine anno l’Ue approvi uno schema di web tax che, benché provvisorio, sia “comune”. Un documento della presidenza austriaca dell’Unione visionato da Reuters invita i ministri delle Finanze Ue a muoversi uniti e a non cedere alla “tentazione di agire unilateralmente”: undici paesi Ue sarebbero già pronti a procedere con la loro web tax nazionale. L’Austria invita invece ad adottare un approccio uniforme basato sulla proposta della Commissione del prelievo del 3% sui ricavi delle società che fatturano almeno 50 milioni di euro a livello europeo.

Ai ministri delle Finanze Ue l‘Austria proporrà di tassare solo gli introiti dei servizi di pubblicità online, colpendo quindi innanzitutto i due colossi del settore Google e Facebook, e i marketplace virtuali, dove domina Amazon. Come suggerito dalla Commissione europea, sarebbero tassate solo le imprese con fatturato annuale globale di 750 miioni di euro e fatturato Ue annuale di almeno 50 milioni di euro; in totale sarebbero interessate circa 200 aziende attive in Europa. Sarebbe esclusa per ora la tassazione delle entrate e dei profitti che derivano dalla vendita di dati, un’ipotesi ventilata nei giorni scorsi dalla commissione per gli Affari economici e monetari del Parlamento europeo che sembra incline a una linea più severa rispetto a quella della Commissione. La presidenza austriaca sarebbe invece per un approccio più “morbido” che agevolerebbe il consenso dei Paesi europei ostili alla web tax.

Le posizioni dei Paesi Ue sul tema, infatti, non sono omogenee. Italia, Francia e Austria vogliono l’adozione in tempi brevi della proposta della Commissione europea sulla tassazione dei servizi digitali a partire dalla fine del 2018, per iniziare ad affrontare il tema della tassazione dell’economia digitale. La Commissione Ue calcola che con un prelievo del 3% verrebbero recuperati 5 miliardi di euro l’anno di tasse sul reddito aziendale. Paesi più piccoli con regimi fiscali molto favorevoli che hanno attratto le sedi europee dei colossi americani, come Lussemburgo e Irlanda, si oppongono a una soluzione solo europea e chiedono una riforma globale della tassazione digitale, che però ha tempi di discussione e approvazione ancora più lunghi. Di qui la proposta dei fautori della web tax Ue di adottare subito una formula “provvisoria” per l’Europa, in attesa di uno schema condiviso su scala mondiale.

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