La questione delle schede Sim fornite ai consumatori con servizi preattivati è una pratica leale e aggressiva per la concorrenza, e quindi la questione deve essere affrontata dall’Agcm, e non dall’Agcom. A stabilirlo sono i giudici della Corte di Giustizia Ue, chiamati in causa dal Consiglio di Stato in merito ai casi che avevano coinvolto nel 2012 Tim, Wind e Vodafone.
Si tratta nello specifico, sottolinea la corte, di “fornitura non richiesta”, perché aquando il consumatore non è stato informato né dei costi dei servizi né tantomeno della loro preimpostazione sulla carta Sim che ha acquistato, spiega la Corte, “non si può ritenere che abbia liberamente scelto la fornitura di tali servizi”. Così, anche se non c’è contrasto sui diritti degli utenti finali tra la direttiva sulle pratiche commerciali sleali e quella sul servizio universale tlc, l’autorità nazionale competente è l’Antitrust. Risulta quindi corretto il fatto che a multare gli operatori sia stata, nel 2012, l’Agcm.
La vicenda nasce nel 2012, quando l’Agcm, o Antitrust, multa le due compagnie telefoniche a causa di questa pratica sleale. Il Tar del Lazio, cui avevano fatto ricorso le compagnie, ha annullato le multe, sostenendo che la competenza era non dell’Antitrust, bensì dell’AgCom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. A questo punto, il Consiglio di Stato ha dichiarato che, al contrario, l’Antitrust ha la competenza sulle pratiche commerciali aggressive, anche nel campo delle telecomunicazioni. Tuttavia, i giudici amministrativi si sono rivolti alla Corte di Giustizia per avere dei chiarimenti.
on la sentenza di oggi, la Corte stabilisce che la richiesta di un servizio “deve consistere in una scelta libera da parte del consumatore“. Quindi, se il consumatore non è stato informato né dei costi dei servizi, né della loro preimpostazione e preattivazione sulla sim acquistata (una circostanza questa che spetta al giudice nazionale accertare), allora “non si può ritenere che abbia liberamente scelto la fornitura di tali servizi“. Per i giudici è “irrilevante” che l’utilizzo dei servizi abbia potuto richiedere, in qualche caso, un’azione consapevole da parte del consumatore. E’ parimenti “irrilevante” che il consumatore potesse disattivarli, dato che non era stato informato della loro esistenza.
Infatti, osservano i giudici di Lussemburgo, non è detto che un consumatore medio abbia la consapevolezza del fatto che le sim contengano servizi preimpostati e preattivati che possono generare costi aggiuntivi, o del fatto che alcune app o il telefono possano connettersi a Internet a sua insaputa, né che abbia le competenze tecniche sufficienti a disattivare tali servizi o le connessioni automatiche. Pertanto, le pratiche messe in atto da Wind e Vodafone costituiscono una fornitura non richiesta, in particolare, ai sensi della direttiva Ue in materia, una pratica commerciale “sleale”, o una pratica considerata in ogni caso “aggressiva”.