Internet non può fermarsi. Serve estendere la connessione abbattendo il digital divide, sviluppare una forte resilienza, prevedere l’evoluzione degli standard così da scongiurare un nuovo Medioevo. Lo dice Vincent Cerf, tra i fondatori della rete e Chief Internet Evangelist di Google, dal palco del Wired Next Fest a Firenze.
“The Unfinished Internet” il titolo della lectio magistralis dell’informatico statunitense, mette in guardia dai rischi che la rete può correre. ”Si stima che in rete ci siano 1,7 trilioni di fotografie – ha detto -. Ma cosa succederà loro tra 100 anni?”. Il punto è che ”dobbiamo assicurarci che i contenuti digitali siano preservati per la stessa durata di quelli degli altri media”. Altro elemento legato ai contenuti pubblicati, quello delle fake news. ”Questo non è un problema tecnico, ma una questione di policy e di comportamento. Usando i social media, avrete notato che le metriche di successo hanno una componente numerica”, ha sostenuto Cerf.
Le visualizzazioni di un video su YouTube, ad esempio. Oppure i follower su Twitter, i like su Facebook. Bene, ma ”se le persone cercano questo tipo di feedback, allora tenderanno a pubblicare contenuti sempre più estremi”. Con intuibili effetti di inquinamento dell’intero ecosistema. ”Dobbiamo trovare un modo di affrontare questo estremismo”.
Non basta. Su Internet il lavoro da fare è ancora grande: la verità è che “dobbiamo ancora completarla”. Intanto ‘‘oggi solo la metà della popolazione è connessa”, e per connettere il resto del mondo dovrà “avere un costo tale che le persone possano permetterselo. E questo vale specie quanto più ci muoviamo nelle zone più povere del pianeta”. “Vogliamo trovare informazioni sulla salute – dice Cerf -, sull’educazione, avere accesso a servizi forniti dal governo”.
In più la rete ”deve essere resiliente”, ha spiegato Cerf. Essere cioè capace di funzionare anche in caso di disastri naturali. E, con le informazioni che viaggiano in cavi appoggiati sul fondo degli oceani, essere in grado di sopravvivere all’innalzamento del livello dei mari legato al riscaldamento globale.
Ma occorre, più in generale, quella che Cerf ha definito ”digital literacy”. L’esempio? ”Se ricevete un’email che sembra arrivare da un amico, che vi invita a cliccare su un link, non solo non dovete farlo. Ma dovete scrivere al vostro amico e chiedergli se è stato lui a scrivervi. In questo modo lo avviserete che qualcuno sta usando il suo account”. Non è solo una questione di buona educazione. È una pratica che bisogna insegnare ai bambini, ”così come si insegna loro di guardare a destra e a sinistra prima di attraversare la strada”. È questo, secondo il suo stesso creatore, ciò di cui c’è bisogno per completare internet. Per il resto, ”il futuro non è ancora stato scritto. Ma questo”, ha concluso rivolgendosi ai presenti in sala, ”è il vostro compito. Io sono ottimista. E non sarei qui se non lo fossi”.