FAIR LABOR ASSOCIATION

Lavoro, Apple lancia l’operazione trasparenza

Cupertino aderisce alla Fair Labor Association: più rigorosi i controlli sui fornitori. Ma nei Paesi emergenti ci sono ancora troppe violazioni dei siritti dei lavoratori

Pubblicato il 16 Gen 2012

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Apple entra a far parte della Fair Labor Association (Fla) e ne sottoscrive il codice di condotta. L’ingresso di Cupertino darà la possibilità all’associazione che monitora le condizioni di lavoro nei Paesi emergenti di controllare la catena di fornitura Apple, assicurandosi l’assenza di sfruttamento dei lavoratori, l’implementazione di condizioni di vita in fabbrica dignitose, orari compatibili con le esigenze di ogni persona e salari adeguati.

Contestualmente Apple ha diffuso il “Supplier Responsability Progress Report” che elenca i risultati dei 229 controlli effettuati sui fornitori della Mela dislocati in tutto il mondo, sottolineando i progressi fatti in tema di sfruttamento del lavoro e quelli ancora da fare, in linea con l’etica del business, lanciata dal ceo Tim Cook, dopo l’ondata di suicidi che ha interessato alcune aziende produttrici.
In una lettera inviata ai dipendenti Cook, si è detto soddisfatto della collaborazione con la Fla, sottolineando come l’obiettivo di Cupertino di eliminare condizioni di lavoro sofferenti verrà facilitato proprio dalle analisi indipendenti della Fair Labour Association.

Nel rapporto Apple dichiara che ci sono state meno violazioni nel 2011 rispetto al 2010 anche se – ammette la società – c’è ancora molto da fare.
Entrando nel dettaglio, in 93 strutture oltre il 50% dei lavoratori aveva superato 60 ore di lavoro settimanale mentre 108 aziende su 229 non avevano pagato gli straordinari. In 90 casi i dipendenti avevano lavorato più di 6 giorni consecutivi almeno una volta al mese e in 37 mancavano controlli per garantire il giorno di riposo. In 5 fabbriche sono stati riscontrati sei casi di lavoro minorile.

Per quanto riguarda le indennità, 68 fornitori non garantiscono l’assicurazione sugli infortuni né prevedono visite mediche di idoneità al lavoro. In 49 casi non si danno le ferie e in 56 non si mettono in campo politiche per prevenire la discriminazione verso le donne in gravidanza. 112 impianti, infine, non manipolavano correttamente sostanze chimiche pericolose e 69 non smaltivano correttamente rifiuti pericolosi.

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