L'INTERVENTO

Industria 4.0, Rangone: “Basta con le distorsioni culturali, l’Italia può giocare la sua partita”

Il ceo di Digital360 all’”Industry 4.0 – 360 Summit” punta il dito contro la cattiva interpretazione dei dati riguardanti l’applicazione delle nuove tecnologie digitali. “Le piccole imprese al palo? Considerazione ovvia e banale. La sfida parte dai big: sono le grandi e medie imprese a generare l’effetto capofiliera”

Pubblicato il 16 Ott 2018

rangone

“Con le banalizzazioni numeriche non solo non si va da nessuna parte ma si distorce lo scenario mostrando uno spaccato che non combacia con la realtà dei fatti”. È un giudizio tranchant quello di Andrea Rangone, ceo di Digital360 in merito al cammino italiano in tema di Industria 4.0. “In Italia si è attivato un circolo virtuoso in cui la politica sta facendo il suo lavoro: si è capito che la trasformazione digitale non è per addetti ai lavori ma è questione di crescita-Paese”. Secondo Rangone però c’è una tendenza, tutta italiana, a “guardare sempre il bicchiere mezzo vuoto”, a “focalizzare l’attenzione su aspetti poco rilevanti” e persino a “interpretare i dati numerici a casaccio”. E proprio sui numeri il ceo di Digital360 ci tiene a fare chiarezza: secondo dati Mise circa la metà delle aziende oltre i 250 dipendenti e più di un terzo di quelle tra 50 e 250 dipendenti hanno già adottato almeno una tecnologia 4.0. Si scende invece al 24,4% se il cerchio si stringe sulle pmi – aziende fino a 50 dipendenti. Anche nelle prospettive future si nota una forte differenza tra le dimensioni di impresa: complessivamente il 10% delle imprese italiane prevede di introdurre almeno una tecnologia 4.0 nel prossimo triennio e la percentuale sale al 35,1% tra quelle oltre i 250 dipendenti. Entro i dieci dipendenti si scende invece al 7,9%.

“Il punto non è che le Pmi sono indietro. Questa è una ovvietà ma anche una banalità. La notizia vera è che le grandi aziende si sono più che attivate sul fronte Industria 4.0. E questo è fondamentale, perché sono i grandi a innescare l’effetto capofiliera e l’effetto culturale imitativo mettendo dunque in moto tutta la macchina delle filiere. Inoltre oggi anche le piccole guardano con attenzione a Industria 4.0 ed è maturata la consapevolezza sulle opportunità della quarta rivoluzione industriale: è solo questione di tempo perché siano coinvolte”. Da non sottovalutare poi, ha evidenziato Rangone il ruolo che l’Italia può giocare a livello europeo ma anche mondiale: “Siamo il secondo Paese manifatturiero in Europa e il settimo al mondo. Prima di noi in Europa c’è la Germania, Paese che sta dimostrando performance da capofila mondiale al punto da competere direttamente con gli Stati Uniti. Se giocheremo bene anche noi la nostra partita avremo opportunità enormi”.

Sono Iot e industrial analytics i due ambiti su cui si stanno concentrando gli investimenti in Italia: a fare il punto Giovanni Miragliotta, co-direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, il quale ha evidenziato che “le tecnologie, specie quelle legate al cloud e alle human machine interface hanno fatto registrare i tassi di crescita più significativi. Secondo Miragliotta è però “necessaria una visione sistemica delle tecnologie 4.0, per cogliere i grandi benefici che vanno dalla migliore pianificazione, dal miglioramento della qualità, dalla capacità predittiva alla manutenzione, fino alla creazione di nuovi modelli di business per le imprese. Tuttavia le tecnologie sono solo l’elemento abilitatore: il cambiamento e il valore vengono sempre dalle idee”.

Combinazione tra investimento in tecnologia, integrazione informativa e il rinnovamento delle competenze a disposizione sono secondo Marco Perona, Professore Ordinario dell’Università di Brescia e Socio Fondatore IQ Consulting, i tre elementi in grado di conferire valore alla rivoluzione 4.0. “Gli incentivi hanno spinto molto il rinnovo del parco macchine, favorendo la sostituzione di impianti e macchinari obsoleti con altri nuovi e interconnessi, ed è un bene. Ma il piano nazionale non è ancora riuscito a produrre gli effetti sperati di sviluppo delle competenze tecnico-operative e della consapevolezza manageriale necessarie per sfruttare anche a livello macroeconomico l’enorme opportunità di Industria 4.0. In troppi casi infatti le azioni sviluppate dalle impese sono trainate dalla produzione e dalla Direzione IT, mentre la Direzione HR rimane ai margini del processo di cambiamento”.

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