Un’arma con efficienza militare. Questa la definizione di Tim Cook dell’utilizzo di dati personali degli utenti. Il Ceo di Apple lancia l’allarme dal palco della conferenza internazionale organizzata dal Garante europeo della privacy a Bruxelles. E addita negli algoritmi, strumento strategico nelle mani delle aziende, una leva in grado di “trasformare le preferenze originariamente ‘innocue’ degli utenti in convinzioni consolidate”. “Se il verde è il tuo colore preferito – dice Cook – potresti trovarti a leggere un sacco di articoli – o guardare un sacco di video – sulla minaccia insidiosa rappresentata dalle persone che amano l’arancione”.
Il Ceo di Apple cita l’ex giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Louis Brandeis, che in un articolo della Harvard Law Review del 1890 spiegò che il gossip non era più una tendenza “dei pigri e degli oziosi”, ma stava diventando un mestiere. Nello stesso modo oggi “quel commercio è esploso nella macchina industriale di utilizzo dati. Le nostre informazioni si sono trasformate in armi rivolte contro di noi con la stessa efficienza di quelle militari”.
Ma gli utenti dovrebbero sempre sapere “quali dati vengono raccolti e per cosa vengono raccolti” ha affermato. “Questo è l’unico modo per consentire agli utenti di decidere quale raccolta è legittima e quale no. Tutto il resto è finzione”.
E’ arrivato il momento “per il resto del mondo, incluso il mio Paese, gli Usa, di seguire la guida dell’Ue sulla privacy con la Gdpr“. Alla Apple sosteniamo, ha detto il Ceo, una legge onnicomprensiva sulla privacy. “Non possiamo sviluppare la tecnologia al suo massimo se gli utenti non hanno fiducia in essa”, ha avvertito.
E del resto che le nuove regole Ue sulla privacy funzionino lo ribadisce, nel corso della Conferenza di Bruxelles, il Garante Ue per la Privacy Giovanni Buttarelli: “Già applicata la prima sanzione in Portogallo per 400mila euro, e molte altre seguiranno entro la fine dell’anno”. Secondo il Garante l’intento delle nuove norme “non è punitivo” ma “ci interessa che imprese e pubbliche amministrazioni colgano l’opportunità di ridisegnare un nuovo modo di gestire le informazioni, più professionale e rispettoso delle persone”. Proprio per questo “da tutto il mondo in questo momento stanno guardando all’Europa”. Ci sono infatti 128 Paesi che hanno “scopiazzato in un modo o nell’altro il nostro sistema, e di questi 72 fuori dall’Europa geografica, a partire dal Giappone”.
Anche Mark Zuckerberg Ceo di Facebook fa sapere, in un videomessaggio, di prendere “molto sul serio questa responsabilità” nei confronti dei propri utenti. “Abbiamo imparato dalle questioni a cui ci siamo trovati di fronte e stiamo costruendo un nuovo strumento” per questo, anche se “questo non aumenterà i profitti, siamo convinti che sia la cosa giusta da fare”, ha detto, perché “abbiamo bisogno che la gente si fidi di noi, altrimenti la gente non ci usa”.
Ma anche il caso Cambridge Analytica dimostra, annota Buttarelli, che si va “oltre la tutela dei diritti della personalità, perché il trattamento dei dati personali è diventato vitale per il principio della parità delle armi nella competizione elettorale”. In vista delle elezioni europee e quelle che si terranno in altri 13 Paesi Ue nell’arco del prossimo anno “è essenziale allontanare anche il minimo dubbio sulla correttezza dell’uso dei dati attraverso i social, contro le fake news, la manipolazione online degli utenti. La protezione dei dati diventa il pilastro essenziale della democrazia”.