Luigi Gubitosi e Alfredo Altavilla in pole per la poltrona di Ad di Tim. In mattinata l’Adnkronos e Il Messaggero riportavano la scelta del Comitato nomine: Gubitosi alla guida della compagnia al posto di Amos Genish sfiduciato due giorni fa dal cda della società. Dal 7 maggio 2018 il manager è membro del cda di Telecom in quota Elliott.
Successivamente Tim in una nota ufficiale precisava che “la decisione sulla nomina del nuovo Amministratore Delegato spetta al Consiglio di Amministrazione, convocato per il prossimo 18 novembre”.
In pole, insieme a Gubitosi, ci sarebbe anche Alfredo Altavilla. Tim fa inoltre sapere che “in merito alla nomina del nuovo Amministratore delegato di Tim, le attività volte alla preparazione delle deliberazioni che saranno assunte dal Consiglio di Amministrazione del prossimo 18 novembre sono in corso”.
Sarcastico il commento di Vivendi alla “gara” tra Gubitosi e Altavilla. “E’ ironico che le persone che hanno lavorato insieme per rimuovere Amos Genish ora stanno lottando per contendersi il suo posto mentre la società è nel caos”. La società intanto chiude il terzo trimestre con ricavi in crescita del 5,6% a 3.384 milioni di euro. Nei nove mesi, si legge in una nota, i ricavi sono pari a 9,84 miliardi (+13,6%) per effetto del consolidamento di Havas da luglio 2017.
Intanto Gubitosi avrebbe sondato, presso il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio, la possibilità di rinunciare all’incarico di commissario straordinario di Alitalia, pur non essendo ancora stata effettuata la vendita delle compagnia aerea, nel caso dovesse andare a ricoprire la poltrona di Ad di Tim.
Che sia o meno Gubitosi, quello che è certo è che il nuovo Ad il si dovrà occupare prioritariamente del delicato dossier rete. In questi giorni il governo ha espresso l’intenzione di accelerare sull’infrastruttura unica per accelerare lo sviluppo della banda larga in Italia. Il piano è già definito: si prevede un’aggregazione su base volontaria degli asset della rete di accesso in capo a un soggetto giuridico terzo non verticalmente integrato (non attivo sui servizi al dettaglio). La norma, che potrebbe finire nel decreto Semplificazioni, mira ad accelerare gli investimenti sulla banda ultra, consentendo al contempo ad Agcom di fissare adeguati meccanismi di remunerazione del capitale investito. L’Autorità però sarebbe dubbiosa perché il piano potrebbe rincarare i prezzi finali.
In occasione di un convegno a Tor Vergata, Franco Bassanini presidente di Open Fiber, ha sottolineato che per accelerare sulla rete unica “serve un accordo con Vivendi”.
“Un’eventuale fusione con la rete Tim – ha spiegato – in clima di lotta con Vivendi avrebbe la controindicazione di un pool bancario nel finanziamento di OF a matrice francese (ad agosto è stato firmato il project financing da 3,5 mld con un pool di banche guidato da Unicredit, SocGen, Bnp Paribas oltre Cdp e Bei ndr)”.
Secondo Bassanini per smontare il project financing e immaginare un progetto diverso le banche dovrebbero convincersi della convenienza di quello nuovo e Vivendi pitrebbe giocare un ruolo cruciale.
Intanto l’ex Ad Amos Genish, vende 1 milione di azioni, per un controvalore di circa 520 mila euro, del gruppo di telecomunicazioni impegnato in queste ore a individuare il successore. Il prezzo è di 0,5238 euro e l’operazione, secondo quanto emerge da un internal dealing, è del 13 novembre, ovvero il giorno dopo la sfiducia da parte del consiglio.
Secondo Fitch il licenziamento di Amos Genish come ceo di Tim “non ha impatto immediato sul rating” ma “solleva preoccupazioni sull’implementazione del piano industriale dell’azienda e il ritmo di miglioramento nella struttura dei costi”.
Preoccupazione di questo tipo sono espresse dai sindacati che vedranno il ministro Di Maio il prossimo 22 novembre. “E’ in gioco il futuro del gruppo Tim – si legge in una nota Slc, Fistel e Uilcom – che, nonostante le scelte scellerate di cui è stata vittima dalla sua privatizzazione ad oggi, resta il più grande soggetto industriale nel settore Tlc nonché uno dei driver fondamentali per lo sviluppo infrastrutturale del nostro Paese, che dà occupazione a circa 100.000 dipendenti (50.000 diretti ed altrettanti nel suo vasto indotto)”. I sindacati ribadiscono la loro totale contrarietà rispetto a presunti progetti di “spezzatino” e “la contestuale necessità di difendere il patrimonio industriale e professionale dell’intero perimetro del Gruppo Tim in Italia, della sua Rete, dei suoi Assets anche a seguito di eventuali operazioni industriali e societarie che potrebbero determinarsi”.
Vivendi chiude il terzo trimestre con ricavi (a cambi e perimetro costanti) in crescita del 5,6% a 3.384 milioni di euro. Nei nove mesi, si legge in una nota, i ricavi sono pari a 9,84 miliardi (+13,6%) per effetto del consolidamento di Havas da luglio 2017. A cambi e perimetro costante la crescita è del 4,6 per cento.