Non ci sarà una “nuova” web tax in manovra. La Lega ritira l’emendamento presentato il commissione Finanze della Camera. La proposta di modifica prevedeva un’aliquota al 6% sull’ammontare dei corrispettivi, al netto dell’Iva, relativi alle prestazioni di servizi online “indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione”. Il passo indietro deciso dopo che il Mef aveva fatto sapere di voler riprendere in mano i decreti attuativi della norma contentuta nella Legge di bilancio 2018, mai varati in attesa di una decisione a luvello Ue che però stenta ad arrivare.
La web tax contenuta nella legge di bilancio 2018 stabilisce che la tassa del 3% sia applicata come ritenuta alla fonte sulle transazioni e colpirà solo i soggetti che effettuano oltre 3mila transazioni di servizi nell’anno solare. Come contraltare scompaiono sia le comunicazioni all’agenzia delle Entrate – e dunque lo spesometro per tracciare le imprese digitali – sia il credito d’imposta riconosciuto alle imprese residenti per evitare doppie tassazioni; via anche il ruolo di sostituti d’imposta a carico delle banche.
In occasione dell’Ecofin, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, aveva annunciato che l’Italia sarebbe andata avanti da sola anche senza un accordo Ue. “Sosteniamo – aveva detto Tria – la finalizzazione dei lavori tecnici sulla Web tax con l’obiettivo di trovare un accordo europeo entro la fine dell’anno”, ma “se non avremo questo accordo introdurremo la tassa” che l’Italia ha già approvato l’anno scorso e sospeso in attesa di un’intesa a livello europeo.
L’annuncio fa il paio con le strategie comunicate dal Regno Unito e rappresenta uno dei poli “radicali” della divisione in seno all’Ecofin sull’applicazione di nuovi regimi fiscali per le aziende web.
“Una soluzione globale – ha detto Tria – richiede tempo e quindi è importante un’azione nel breve termine“. Per quanto riguarda la sunset clause, cioè la clausola che renderebbe la tassa solo temporanea, Tria ha spiegato che deve decadere quando si troverà un accordo a livello Ocse. In ogni caso, ha aggiunto, “l’Italia è parte del club di Paesi che ha già introdotto una digital tax e ne ha sospeso l’implementazione per tenere in considerazione le discussioni europee. Ma introdurremo la tassa se non avremo questo accordo alla fine dell’anno”.
In Europa si profila un accordo franco-tedesco per modificare il regime fiscale di Google & Co. L’intenzione emerge dalle dichiarazioni rilasciate dal ministro francese delle Finanze Bruno Le Maire e dal suo omologo tedesco, Olaf Scholz. “Puntiamo a un accordo vincolante da sottoscrivere nel corso dell’Ecofin del 4 dicembre – ha detto Scholz in un’intervista a Der Spiegel – Questo per evitare il rischio che i negoziati vadano avanti ancora 100 anni. Per questo sostengo il modello francese in grado di offrire più risorse alla Ue”.
Dal canto suo Le Maire dichiara che un accordo è “a portata di mano”: si tratta di un “compromesso” da raggiungere con la Germania, “la definizione dell’accordo è in corso, lavorerò con Scholz per tutta la settimana per mettere a punto una decisione franco-tedesca sulla tassazione”.