Società unica della rete, Aiip mette nel mirino il piano del Governo. ”Esprimiamo preoccupazione – dice l’associazione che raccoglie attualmente circa 50 Internet provider – per le conseguenze di una frettolosa creazione in Italia di un’unica società della rete”.
L’ottimizzazione degli investimenti e le sinergie infrastrutturali sono auspicabili, dicono i provider, “se realizzate promuovendo – anziché eliminando – la concorrenza infrastrutturale in un mercato aperto e competitivo”. Ma la creazione di un “nuovo monopolio delle rete, a seguito della fusione della rete di Tim con quella di Open Fiber senza garanzie di salvaguardia degli investimenti fatti da molte altre aziende, darebbe un colpo mortale a operatori che hanno investito proprie risorse, creato lavoro e coperto molte aree a digital divide con reti a banda ultralarga in fibra ottica e wireless”.
Gli associati ricordano che nell’ultimo triennio hanno realizzato oltre 7.500 km di rete in fibra ottica di accesso e un milione di civici passed, investendo mezzo miliardo di euro senza aiuti di Stato. “Un ritorno al monopolio è dannoso per il Paese – scrive Aiip -, prima ancora che inaccettabile”.
“L’introduzione di meccanismi di remunerazione automatica degli investimenti sulla rete (il Rab), che sembrano la novità del prossimo DL Semplificazione, con il prezzo imposto forzosamente a favore del nuovo monopolista, rischiano, dice Aiip, di minare l’efficienza e premiare invece la rendita di posizione a danno dei concorrenti e degli utenti. E’ necessario che il Governo adotti una posizione chiara e decisa per non creare un nuovo monopolista pubblico ed assicurare il rispetto di un operatore di rete indipendente e non integrato verticalmente (wholesale only) che non venda, direttamente o indirettamente, servizi passivi ed attivi ad utenti finali, consumatori o piccole, medie e grandi imprese, inclusa la PA”.
Il timore è che si possano “ridurre al ruolo di meri rivenditori quegli operatori che da oltre venti anni hanno investito risorse proprie sul territorio in concorrenza”. Il rischio è l’affossamento “della già lenta digitalizzazione del Paese”.