Banda larga per tutti, come diritto connaturato con il semplice
fatto di essere cittadini europei. Banda larga a prezzi politici,
come il pane con la tessera nei tempi di guerra. Torna in auge in
Europa l’idea di rendere la banda larga un servizio universale.
Spira forte da un Paese all’altro, fino a toccare Bruxelles, dopo
essere stato sopito per molti anni. Adesso è rientrato nella
direttiva servizio universale, che il parlamento europeo ha votato
nelle scorse settimane all’interno della Commissione mercato
interno (Imco). È solo la prima fase di un dibattito. “Con
questo voto, si è posta una prima base giuridica perché il
concetto di servizio universale possa essere esteso, in futuro,
anche alla banda larga”, spiega Innocenzo Genna, president
dell’Ecta. Com’è noto, adesso solo la telefonia normale è
un servizio universale e di conseguenza l’operatore dominante è
obbligato a portarla dappertutto, anche laddove non è conveniente
(in cambio viene ricompensato con un fondo di remunerazione
pubblico). L’idea è che “il telefono non basta più; il
concetto di servizio universale, così com’è stato formulato in
passato, deve per forza di cose estendersi all’accesso veloce
alla rete”, dice Nicola D’Angelo, consigliere Agcom (Autorità
garante delle comunicazioni). La dichiarazione di principio si
scontra però con un muro, quando prova a scendere sul piano
pratico. E il dilemma è ben evidente anche all’interno delle
istituzioni europee. Per cominciare, ancora non è chiaro se, su
questo punto, ci sia accordo tra Parlamento e Consiglio.
Full story nel numero 9 del Corriere delle Comunicazioni in uscita
il 4 maggio