Sempre più varia e integrata, la dieta mediatica degli italiani descritta nel rapporto Censis 2018 parla di una crescita fisiologica dell’utilizzo di Internet e di un’altrettanta fisiologica diminuzione della pervasività del mezzo televisivo tradizionale. Il mobile, onnipresente, è uno dei fulcri di questa trasformazione. Cambiano i paradigmi dell’accesso all’informazione, anche se i telegiornali sembrano riguadagnare terreno sulle piattaforme social, sfruttate da larga parte della popolazione per una comunicazione bidirezionale con il mondo politico, e purtroppo continuano a calare i lettori di libri. Il digitale è una grande opportunità, ma tra cyber bullismo, potenziali lesioni della privacy e fake news, le nuove tecnologie impensieriscono non poco gli italiani. Ecco, voce per voce, i dati più rilevanti dell’indagine.
Cresce l’accesso al Web, soprattutto da mobile e sui social network
Nel 2018 gli italiani che usano Internet passano dal 75,2% al 78,4%, con una differenza positiva del 3,2% rispetto allo scorso anno e del 33,1% dal 2007. Quelli che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (con una crescita annua del 4,2%, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Gli utenti dei social network aumentano dal 67,3% al 72,5% della popolazione. Continuano ad aumentare gli utenti di WhatsApp (il 67,5% degli italiani, l’81,6% degli under 30), mentre più della metà della popolazione fa ricorso ai due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti compiuto da Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani), mentre Twitter scende al 12,3%. I media a stampa invece ristagnano nella crisi, a cominciare dai quotidiani, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018. Un calo non compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno registrato un aumento dell’utenza solo dal 21,1% al 26,3%. Invece, gli aggregatori di notizie online e i portali Web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani. Nel campo dei periodici, restano stabili i settimanali (il 30,8% di utenza, -0,2% in un anno) e i mensili (il 26,5% di utenza, -0,3%).
Televisione tradizionale in lieve calo, salgono smart e mobile Tv
Nel 2018 la televisione ha registrato una leggera flessione dei telespettatori, determinata dal calo delle sue forme di diffusione più tradizionali (la Tv digitale terrestre e la Tv satellitare si attestano, rispettivamente, all’89,9% e al 41,2% di utenza tra gli italiani: entrambe cedono il 2,3% di pubblico nell’ultimo anno), mentre continuano a crescere la Tv via Internet (Web Tv e smart Tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile Tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno).
Internet e smartphone fanno bene alla radio
La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media: complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3% degli italiani. Ma se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come l’autoradio (il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata però dall’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via Internet con il Pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno).
L’emorragia di lettori e la diminuzione dei consumi mediatici
Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto al 2017). Né gli e-book (letti solo dall’8,5% degli italiani, -1,1% nell’ultimo anno) hanno compensato la riduzione dei lettori. L’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici nell’intervallo di tempo tra il 2007 (l’anno prima dell’inizio della crisi) e il 2017 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli pre-crisi (-2,7% in termini reali), la spesa per l’acquisto di smartphone ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto triplicando in dieci anni (+221,6% nell’intero periodo, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella per l’acquisto di computer ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+54,7%), mentre i servizi di telefonia si riassestavano verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4%, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio collo (-38,8%).
Accesso all’informazione, i tg guadagnano terreno su Facebook
Nella graduatoria dei media che gli italiani utilizzano per informarsi, telegiornali e Facebook sono ancora in vetta. Ma mentre i Tg rafforzano la loro funzione (la loro utenza passa dal 60,6% del 2017 al 65% del 2018), nell’ultimo anno Facebook ha subito una battuta d’arresto (-9,1% di utenza a scopi informativi). Il calo ha coinvolto anche YouTube (-5,3%), Twitter (-3%) e la rete in generale (i motori di ricerca hanno perso il 7,8% di utenza a fini informativi). In particolare, Facebook perde il 15,8% degli utenti a scopi informativi tra gli under 30 (dal 48,8% al 33%), i motori di ricerca passano dal 25,7% al 16,5% (-9,2%), YouTube dal 20,7% al 17,6% (-3,1%), Twitter dal 10,6% al 3,9% (-6,7%). Numerosi sono gli utenti delle Tv all news (22,6%) e dei giornali radio (20%), mentre solo il 14,8% degli italiani ha letto i quotidiani cartacei negli ultimi sette giorni per informarsi (e solo il 3,8% dei giovani). La radio ottiene il primato della credibilità, con il 69,7% di italiani che la considerano molto o abbastanza affidabile. La televisione è considerata affidabile dal 69,1%. Anche la stampa viene considerata molto o abbastanza affidabile da una quota maggioritaria di italiani: il 64,3%. Nella parte inferiore della graduatoria si collocano invece i siti Web d’informazione: solo il 42,8% degli italiani li considera credibili. Ultimi in classifica i social network, ritenuti non del tutto affidabili dal 66,4% degli italiani. Sono gli anziani a essere i più diffidenti (78,2%), mentre il 45,8% dei giovani li considera molto o abbastanza credibili.
Agli italiani piace la politica sui social network
I giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%. Il 16,8% ritiene che siano preziosi, perché così i politici possono parlare direttamente, senza filtri, ai cittadini. Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici. Invece, il 23,7% crede che siano inutili, perché le notizie importanti si trovano nei giornali e in Tv, il resto è gossip. Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari.
Riti, tabù e rischi dell’era digitale
Il 59,4% degli italiani che possiedono un cellulare evoluto dichiara che, invece di telefonare, preferisce inviare messaggi per comunicare. Il 50,9% controlla le notifiche del telefono come prima cosa al risveglio o come ultima prima di andare a dormire. Il 48,4% controlla le previsioni meteo nel corso della giornata. Il 30,1%, invece di digitare sulla tastiera, invia messaggi vocali. Un’altra piccola ossessione quotidiana riguarda il rapporto con la memoria. Il cellulare diventa una «protesi» utile ai nostri ricordi e alle nostre conoscenze, al punto che il 37,9% degli utenti, quando non ricorda un nome, una data o un evento, si affida alle risposte della rete per fugare ogni dubbio. E il 25,8% non esce di casa senza portare con sé il caricabatteria del cellulare.
Infine, il rapporto evidenzia che la percezione degli italiani sui problemi dell’era digitale riflette una visione molto individualistica, prevalentemente centrata su di sé e sull’impatto negativo che le tecnologie digitali possono eventualmente avere sul proprio vissuto quotidiano. Per il 42,5% il problema numero uno è la diffusione di comportamenti violenti, dal cyber-bullismo alle diffamazioni e intimidazioni online. Al secondo posto, il 41,5% colloca il tema della protezione della privacy. Segue il rischio della manipolazione delle informazioni attraverso le fake news (40,4%) e poi la possibilità di imbattersi in reati digitali, come le frodi telematiche (35,5%). Solo a grande distanza vengono citati problemi di sistema, come l’arretratezza delle infrastrutture digitali del nostro Paese e l’inadeguatezza dei servizi online della pubblica amministrazione (14,9%), oppure le minacce all’occupazione che possono venire da algoritmi, intelligenza artificiale e robotica (10,5%).