Ha il sapore dell’ultimatum la lettera che Davide D’Atri, Amministratore delegato di Soundreef, ha inviato la scorsa settimana al Ministro del Lavoro Luigi Di Maio. “Purtroppo ci troviamo a dover dare conto anche a chi ha creduto nel nostro progetto, investendo in Italia oltre 10 milioni di euro e consentendoci di arrivare dove siamo arrivati: i nostri investitori. Non vorremmo lasciare il nostro Paese, come ci è stato richiesto, qualora non si completi il processo di liberalizzazione che auspicavamo, soprattutto dopo la vittoria del Movimento Cinque Stelle che si è sempre presentato ai suoi elettori come Governo del Cambiamento”.
La chiosa della lettera fa riferimento alla bagarre che dura ormai da anni e che vede contrapporsi, rispetto alla gestione dei diritti d’autore, la startup fondata a Londra nel 2011 alla Siae. Dal 2015 (anno in cui la società è arrivata sul mercato italiano) ad oggi, Soundreef è infatti alle prese con una battaglia legale con l’ex monopolista, tra ricorsi in Tribunale e presso l’Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza. Nel 2017, il recepimento a firma dell’allora Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, ha mantenuto – si legge in una nota della società – praticamente inalterato il sistema esclusivista e ciò in piena violazione di uno dei principi cardine della Direttiva Barnier. Infatti, la norma in questione prevede che unicamente le società di gestione collettiva (ossia non profit e\o associazioni di autori ed editori) possano operare nel mercato italiano dell’intermediazione del diritto d’autore, escludendo quindi gli Enti di Gestione Indipendenti. A conferma di quanto sostiene Soundreef si sono espressi sia l’Antitrust, sia il Tribunale di Roma.
Nel frattempo, nonostante i continui scontri, la società ha ricevuto molteplici riconoscimenti, risultando nel 2015 tra le 10 migliori startup d’Italia all’Open Summit di startupitalia!, dove proprio ieri il Ministro Di Maio ha preso parte dichiarando come “la rivoluzione digitale possa essere una grande opportunità per migliorare la qualità della vita agli italiani”. Se è vero dunque – così come sostenuto a novembre scorso durante la sua visita in Cina – che “l’Italia sarà una Smart Nation”, Soundreef, a cui fanno riferimento 15 mila autori italiani, si domanda come mai nella legge di bilancio non vi sia traccia di politiche volte a completare il processo di liberalizzazione del mercato del copyright.
“Anche se la storia di Soundreef”, ha scritto D’Atri a Di Maio, “è iniziata a Londra, le sue radici appartengono al Bel Paese. Proprio per questo nel 2014 – anche a seguito dell’entrata in vigore della Direttiva Barnier – siamo tornati in Italia, convinti che si potesse fare innovazione in questo Paese. Passare dall’Inghilterra – una delle patrie a livello globale dell’innovazione – all’Italia, ancora oggi considerata restia ai cambiamenti, soprattutto in un settore dominato da decenni da un monopolista, è stato arduo”. E ora pare proprio che il gruppo possa mollare il colpo.