Mark Zuckerberg deve dimettersi: solo così potrà “aggiustare” Facebook. Dopo gli scandali su fake news, interferenze politiche, hate speech e abuso di dati personali, aumentano le voci in pressing sul fondatore e ceo perché lasci la guida della sua azienda, ormai un medium malato la cui prima cura dovrebbe essere – dicono in tanti – una nuova leadership con nuovi valori.
Già nel 2017 Zuckerberg aveva colto i rischi della polarizzazione politica nutrita dalla sua piattaforma e aveva intrapreso un viaggio attraverso gli Stati Uniti per ribadire che Facebook lavora per il bene delle persone. Nel 2018, ormai in piena emergenza fake news e interferenza straniera sulla politica americana (e non solo), Zuck aveva promesso che avrebbe “aggiustato” i tanti problemi di Facebook. Nel 2019, però, sempre più osservatori pensano che la promessa non sia stata affatto mantenuta e che l’unica soluzione per il ceo è uscire di scena.
Lo dimostra un reportage realizzato dalla testata britannica The Guardian intervistando politici, accademici e esperti dei diritti civili; per esempio, Tom Watson, vice segretario del partito Laburista, afferma che il 2019 di Zuckerberg dovrebbe essere un anno produttivo in cui Mark “lascia l’azienda che ha fondato a una nuova classe dirigente capace di riparare i danni da lui fatti”. Nella realtà, però, Watson pensa che Zuckerberg non farà nessun passo indietro e “continuerà a evitare lo scrutinio parlamentare e le responsabilità personali per i problemi di Facebook”.
Rincara la dose Anand Giridharadas, autore di “Winners take all: the elite charade of changing the world”: per salvare Facebook dovrebbero dimettersi sia Zuckerberg che la Coo Sheryl Sandberg. Zuck dovrebbe anche dare nuovi obiettivi alla sua fondazione benefica: “anziché cercare di curare le tante malattie del mondo dovrebbe concentrarsi a curare quella piaga che è diventata Facebook”. Non lo farà veramente, conclude Giridharadas: si dedicherà invece a qualche attività “che gli dia una parvenza di moralità senza riuscire veramente a riformare quella sua mente e anima turbata che ha contribuito a portare un demagogo alla guida dell’America”.
Per il professore Siva Vaidhyanathan, autore di “Anti-social media”, Zuckerberg dovrebbe concedersi tre mesi di pausa per capire a fondo l’influenza di Facebook, Instagram e Whatsapp nel mondo; Vaidhyanathan non esita a dire che Facebook contribusce ad aggravare i genocidi. Anzi, per Vaidhyanathan nel 2019 Zuckerberg dovrebbe prendersi due anni sabbatici e iscriversi alla University of Virginia “per finire il percorso di laurea sotto la mia guida; aiuterebbe Facebook e i suoi utenti molto più di ogni altra cosa”.
Zuckerberg nel 2019 dovrebbe “trovarsi un altro lavoro”, ha risposto secca Jillian York della Electronic frontier doundation. Ma invece “farà qualcosa di vago che non comporta alcuna assunzione di responsabilità, del tipo ‘migliorarsi’”.
“Dimettersi e trovarsi qualcosa da fare che gli insegni l’umiltà”, ha risposto Leslie Miley, ex cto della Obama Foundation.
Nel 2019 Zuckerberg dovrebbe spezzare la sua azienda in almeno tre più piccole e intanto “occuparsi di qualcosa di più lontano dal computer e più a basso rischio per il resto dell’umanità, tipo il macramè”, ha detto Rachel Coldicutt, ceo di doteveryone.
Secondo Jessica Powell, ex manager di Google, “Mark riuscirebbe molto più facilmente a risolvere i problemi di Facebook se li capisse sul piano umano, non come data point. Anziché visitare tutti i 50 stati americani ora dovrebbe visitare 50 persone che sono state personalmente impattate da tutto il bullismo, l’hate speech, il razzismo e i suicidi in diretta accaduti sulla sua piattaforma”.
Per il rappresentante della California al Parlamento Usa, Ro Khanna, Zuckerberg dovrebbe realizzare strumenti di social media per rafforzare la democrazia. Per il politico della Silicon Valley Zuck sarà comunque più disposto quest’anno ad ammettere i suoi errori.
Zuckerberg dovrebbe “impegnarsi a realizzare strumenti migliori per dare controllo agli utenti”, secondo Daphne Keller, direttore dello Stanford Center for Internet and Society. “Non esiste una soluzione dall’alto che Facebook può fornire per servire al meglio 2,2 miliardi di utenti: è tempo di dare a tutti veramente la possibilità di scegliere da soli – specialmente se si tratta di contenuti e privacy”.
Lo scorso mese una trentina di associazioni per i diritti civili (tra cui Southern Poverty Law Center, Muslim Advocates, Equality Labs e MoveOn.org) ha scritto una lettera aperta al ceo di Facebook Mark Zuckerberg e alla numero due Sheryl Sandberg affermando che è “tempo di cambiamenti significativi non solo nelle politiche, ma anche nella leadership della società”, di fatto chiedendo le dimissioni dei vertici.
Dal coro di voci critiche si è staccato nei giorni scorsi Citron Research, che ha scritto che il 2019 potrebbe essere l’anno della riscossa per Facebook dopo un 2018 contraddistinto da scandali e dichiarazioni che hanno impensierito non poco mercati e governi: secondo la società di ricerche – a differenza di quanto sostengono altri analisti – Mark Zuckerberg ha imparato la lezione, anche se il commento di Citron Research sembra più mirato a rassicurare gli investitori sul valore del business e del titolo che a mitigare i timori di regolatori e attivisti civili sull’assunzione delle responsabilità e la trasparenza dei comportamenti.