L'INTERVISTA

Kelyon compie dieci anni, Cafiero: “Sprint all’internazionalizzazione”

Il presidente Ict di Unindustria Napoli e e Ad dell’azienda di e-health svela le strategie: “La consociata Uk è uno dei pilastri del nostro business”. Si rafforzano le collaborazioni ad alto valore tecnologico con atenei e big pharma

Pubblicato il 11 Gen 2019

gaetano-cafiero-kelyon

Kelyon compie dieci anni e punta all’internazionalizzazione. L’azienda napoletana, specializzata nello sviluppo di software per la sanità, progetta applicazioni web e mobile oltre che dispositivi software utilizzati soprattutto nell’oncologia di precisione, immunologia, endocrinologia, e nell’ambito di malattie rare e neurodegenerative.

Del bilancio di questi dieci anni di attività e delle strategie future ne parliamo con l’Ad, Gaetano Cafiero.

Kelyon è considerata, a buon titolo, un gioiello del digitale italiano operando in settore cruciale dell’economia. Si sente di fare un bilancio?

Quello di cui vado più fiero è il fatto che da Napoli, da San Giovanni a Teduccio, con un team straordinario composto in maggioranza da under 30, stiamo crescendo quotidianamente e sviluppando nuove attività. Per noi team e talenti sono i valori più importanti, anche grazie alla collaborazione con le Università del nostro territorio la cui qualità è stata riconosciuta da multinazionali del calibro di Apple e Cisco che hanno creato a Napoli le loro Academy.

Ora puntate molto all’internazionalizzazione del business. Ci può dire qualcosa di più sulle strategie?

Puntiamo molto sull’internazionalizzazione. Abbiamo già costituito una consociata in UK che rappresenta un pilastro del nostro business. Puntiamo a creare dei nostri prodotti per il mercato e-health e per questo abbiamo attivato delle partnership di ricerca con alcune università e centri di ricerca qui in Italia e in UK, all’avanguardia nel settore della Sanità Digitale. Attualmente il 50% del nostro fatturato proviene dall’estero.

Kelyon è partner tecnologico di progetti all’avanguardia.

Sono iniziative messe in campo soprattutto con le università. Ustas, ad esempio, è un progetto sviluppato da Kelyon in collaborazione con l’Università Federico II. Si tratta di un tool, composto da una Web application e da una app mobile nativa, che si prefigge di supportare l’audiologo durante i processi di gestione dei dati di pazienti ipoacusici per la valutazione qualitativa delle funzionalità uditive mediante e, in caso di pazienti portatori di impianto cocleare o apparecchio acustico, il guadagno funzionale protesico. Lo scenario d’uso  è quello di una visita medica, in cui il medico intende valutare qualitativamente la capacità del sistema uditivo del paziente ad interpretare e comprendere la voce umana in un contesto reale.

L’azienda è particolarmente ferrata nel settore oncologico. Quali le iniziative in campo?

Campania Oncoterapie è un progetto finanziato proposto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli Fondazione Pascale, in collaborazione con numerosi soggetti di ricerca, università e imprese private grandi e piccole. L’iniziativa intende attivare una nuova modalità di collaborazione tra mondo della ricerca e dell’innovazione, in un’ottica di Open Innovation e condivisione della conoscenza, attraverso la messa a sistema dei vari player di mercato regionali (Regione Campania) operanti nel campo dell’oncologia con l’obiettivo di favorire un processo innovativo di migliore qualità per il sistema sanitario.

Collaborate anche con le big pharma. Che tipo di supporto date loro?

I nostri clienti sono alcune delle più grandi multinazionali farmaceutiche al mondo – come Pfizer, AstraZeneca, Merck, Roche, Boehringer. Un esempio di collaborazione è rappresentato da Acrodat, sviluppato per Pfizer: si tratta di un software interattivo che aiuta gli endocrinologi nella cura dei  pazienti affetti da acromegalia.

L’Italia stenta a fare sistema sulla digitale. Lei che idea si è fatto sulle possibili cause?

Siamo ancora legati al concetto di digitalizzazione dei processi amministrativi: si parla molto di cartella elettronica, di fascicolo sanitario elettronico, della ricetta elettronica. Ma non basta: serve un intervento di sistema anche sulle applicazioni per la diagnosi, la prevenzione e la cura delle patologie, come quelle sviluppate da Keylon.

Dal suo osservatorio privilegiato come vede il futuro dell’e-health? Quale sarà la chiave di volta?

A mio avviso, il futuro si chiama mobile health. Ma attenzione: perché questa si esprima in tutte le sue potenzialità è necessario intervenire sulla certificazione delle app. Su vai store online si trovano troppo spesso applicazioni senza “bollino” CE con tutte le conseguenze che questa situazione può determinare sulla salute delle persone.

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