IL CASO

Trade War, Usa in pressing su Huawei: scatta l’inchiesta sul furto di segreti commerciali

Il procedimento penale riguarda un brevetto T-Mobile che sarebbe stato sottratto alla società statunitense. Intanto il Congresso discute sull’introduzione di un bando per la vendita di chip Usa ad aziende cinesi che abbiano violato l’embargo verso l’Iran. Il ministero degli Esteri di Pechino: “Basta isterie”

Pubblicato il 17 Gen 2019

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Si inasprisce il contenzioso tra le autorità statunitensi e le bigt tech made in China. L’ultima manifestazione di questa guerra commerciale è un’indagine aperta dalle autorità federali contro Huawei, accusata di aver sottratto segreti commerciali ad alcune aziende Usa: nello specifico, riporta il Wall Street Journal, il procedimento penale sarebbe stato aperto per l’utilizzo illecito di un brevetto di T-Mobile. L’indagine prende le mosse da una causa civile che l’operatore statunitense aveva intentato nei confronti di Huawei nel 2014.

Questa è però soltanto l’ultima goccia di una situazione che va facendosi sempre più tesa e complicata: il congresso Usa sta infatti discutendo una proposta di legge bipartisan che prevede l’introduzione di un bando per la vendita di microchip e altri componenti hi-tech made in Usa alle aziende cinesi che abbiano violato le regole sull’export, e che coinvolge insieme a Huawei anche Zte.

Ad aleggiare sulle compagnie del Paese asiatico c’è l’accusa che con le loro apparecchiature rendano possibile lo spionaggio della Cina verso i Paesi stranieri, circostanza che ha portato al bando in diversi Paesi proprio per questo motivo. Dopo Stati Uniti, gran Bretagna e una serie di altre nazioni, il tema è ultimamente arrivato all’ordine del giorno a anche in Germania, dove il governo – scrive Handelsblatt citando fonti del governo – sta prendendo in considerazione l’idea di riformulare i requisiti per partecipare all’asta per il 5G, cambiando se necessario la legge nazionale sulle telecomunicazioni, con l’obiettivo di escludere Huawei dalla gara in programma per la primavera.

A tutto questo insieme di circostanze il governo cinese risponde con fastidio, chiedendo tramite la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, di porre fine a quella che ha definito come una “isteria”.

Dopo le prime schermaglie tra Usa e Cina, la situazione era precipitata il primo dicembre con l’arresto in Canada della direttrice finanziaria di Huawei, Meng Wanzhou, figlia del fondatore della società: ora gli Stati uniti chiedono che venga estradata sul loro territorio per rispondere dell’accusa di aver violato le sanzioni Usa sull’export nei confronti dell’Iran. La manager è ora gli arresti domiciliari dopo aver versato la cauzione, e le autorità canadesi stanno decidendo quali passi compiere. In difesa di Meng Wanzhou è intervenuto nei giorni scorsi anche il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, che parlando alla stampa ha sottolineato come l’azienda non agisca in nessun modo per conto del governo cinese. Risale ai giorni scorsi, infine, l’arresto in Polonia di Wang Weijing, manager dell’azienda accusato di spionaggio dalle autorità polacche e licenziato dal colosso cinese.

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