La Federal trade commission americana è pronta a imporre una multa a Facebook per violazione degli accordi sul trattamento dei dati personali – shutdown permettendo.
Secondo quanto scrive il Washington Post, i regolatori della Ftc si sono incontrati per discutere l’opportunità di imporre a Facebook una sanzione pecuniaria per non aver rispettato i termini del patteggiamento concluso con la stessa Ftc nel 2011 sulla gestione della privacy degli utenti della piattaforma social. La Ftc, agenzia federale con poteri sia di vigilanza antitrust che di protezione dei consumatori, aveva imposto una serie di condizioni legalmente vincolanti all’uso dei dati personali, ma a marzo 2018, a seguito dello scandalo Cambridge Analytica, i regolatori hanno aperto un’inchiesta per accertare se l’accordo è stato violato.
Le indicazioni fornite dal Washington Post si basano sulle informazioni ricevute da tre fonti vicine all’amministrazione Usa e per ora non sono confermate né dal regolatore (che non ha ufficialmente chiuso l’inchiesta) né dall’azienda di Mark Zuckerberg.
Un ulteriore elemento di incertezza è rappresentanto dallo shutdown in corso, il più lungo nella storia del governo Usa. Il braccio di ferro fra l’amministrazione Trump e il Congresso – da cui dipende l’approvazione delle spese – ha fermato l’attività degli enti federali, compresa quella della Ftc.
Secondo le fonti del Post, se arriverà una multa, il regolatore sarà molto più severo di quanto si è dimostrato con Google, sanzionata ad agosto 2012 per 22,5 milioni di dollari. Anche in quel caso si è trattato di un patteggiamento con cui il colosso di Mountain View ha ottenuto la chiusura del fascicolo sulla non corretta informativa data agli utenti del browser Safari di Apple sull’utilizzo dei cookies di navigazione ai fini della pubblicità mirata. Google aveva violato, ha detto la Ftc, precedenti impegni presi col regolatore sulla tutela della privacy degli utenti.
Nel caso di Facebook, la Ftc aveva accusato Menlo Park di aver ingannato i consumatori in tema di cessione dei dati personali a terzi. Col patteggiamento del 2011 (senza multa) il social ha acconsentito ad adottare una serie di misure (come impostazioni privacy più chiare) per assicurarsi che i consumatori siano informati su come proteggere i dati e in quali casi vengono ceduti e per quali scopi. In caso di cessione a terzi, occorre il consenso.
Il caso Cambridge Analytica, in cui i dati di 87 milioni di utenti globali di Facebook, sono finiti, tramite una app che girava sul social network, alla società di marketing politico, ha fatto scattare il campanello d’allarme per i regolatori federali negli Stati Uniti e non solo: in Uk il social network è stato sanzionato (per 500mila sterline) dall’Information Commissioner’s Office per aver violato la legge non tutelando i dati dei propri utenti. In Australia, l’antitrust ha proposto al Parlamento la creazione di un regolatore ad hoc per le aziende del digitale citando esplicitamente Facebook e Google.
I guai con i regolatori non finiscono qui: in Russia il regolatore telecom Roskomnadzor ha aperto un procedimento amministrativo a carico di Facebook e Twitter per non aver ottemperato alle norme locali sui dati. Roskomnadzor ha spiegato che i due social network non hanno ancora indicato come pensano di adeguarsi alla legge russa che esige di conservare i dati personali dei loro utenti russi su server in Russia.
Da circa cinque anni Mosca ha reso più severa la regolamentazione sul mondo online: i motori di ricerca sono obbligati a cancellare alcuni dei risultati della search, i servizi di messaggistica devono rendere note le chiavi della cifratura alle autorità preposte alla sicurezza nazionale e i social network devono conservare i dati personali degli utenti russi in data center localizzati nel paese.
Lo scorso novembre il governo di Vladimir Putin si è detto pronto a approvare multe più pesanti per chi non si adegua: al momento, le sanzioni che le autorità russe possono imporre equivalgono a qualche migliaio di dollari o al blocco dei servizi online che violano la legge, ma la proposta di Mosca è di alzare le sanzioni all’1% del fatturato annuale generato in Russia.