La quarta rivoluzione industriale innescata dall’intelligenza artificiale comporterà alti costi di reskilling della manodopera per salvaguardare i posti di lavoro e uno studio presentato oggi dal World economic forum (Wef) quantifica tale costo per la sola economia degli Stati Uniti in 34 miliardi di dollari, di cui l’86% a carico delle finanze pubbliche.
Lo studio del Wef (“Towards a reskilling revolution: Industry-led action for the future of work”) calcola che saranno quasi 1,4 milioni i lavoratori degli Stati Uniti che dovranno aggiornare le competenze per ricoprire nuove mansioni connesse con la Industry 4.0, AI e i connessi cambiamenti strutturali. Quasi tutti i lavoratori possono essere riqualificati, ma il costo del reskilling è alto e peserà soprattutto sul governo.
Il settore privato riuscirà a riqualificare in modo redditizio solo 350.000 lavoratori (il 25%) tra quelli a rischio disoccupazione, prosegue il Wef; per il resto, considerati gli attuali tempi e costi del reskilling e i rischi di perdere produttività, le aziende preferiranno assumere personale già qualificato.
Un rischio concreto, dunque, per molti lavoratori oggi inseriti nel sistema produttivo privato statunitense ma che può essere mitigato, secondo il Wef, con una cooperazione tra imprese per ottenere economie di scala: in questo caso, il reskilling che resta profittevole per il settore privato coprirebbe il 45% dei lavoratori a rischio, alleggerendo anche il peso sulle finanze pubbliche. L’organizzazione no-profit di Ginevra sottolinea che le aziende partner del World economic forum riunite nella coalizione “Closing the skills gap 2020” si sono impegnate ad aggiornare o migliorare le competenze di 17 milioni di lavoratori su scala globale.
Anche il governo può trovare un fattore di redditività nel reskilling dei lavoratori a rischio: il ritorno dell’investimento potrà essere ottenuto per la maggioranza dei lavoratori (fino al 77%) grazie al maggior introito fiscale connesso con stipendi più alti e con l’abbassamento dei costi sociali, a cominciare da quelli dei sussidi di disoccupazione.
Nei diversi scenari presentati dal Wef resta comunque una fetta di lavoratori americani a rischio disoccupazione a causa della quarta rivoluzione industriale – circa il 18% del totale o 252.000 persone – che non potranno essere riqualificati da imprese o governo per i costi troppo elevati. Il report suggerisce che lo Stato dovrà pensare ad ampliare il sistema del welfare e il sostegno sociale e anche valutare una riduzione dei costi di reskilling e retraining per le imprese, fornendo sgravi fiscali e altri incentivi e promuovendo la collaborazione all’interno del settore privato e tra imprese private e attori del sistema formativo, come le università.
La quarta rivoluzione industriale è il tema centrale dell’incontro annuale del World economic forum in corso a Davos. L’era dell’intelligenza artificiale, della realtà aumentata, della stampa 3D, dei veicoli autonomi e della Internet of things è al tempo stesso una promessa e un rischio, l’opportunità di aumentare il benessere e migliorare la qualità della vita e la salute dell’ambiente e delle persone, ma anche il timore di aggravare le disparità economiche, le tensioni politiche e sociali, l’esclusione di chi non ha le giuste competenze.
La questione dei costi della riqualificazione di centinaia di migliaia di lavoratori a rischio disoccupazione con Industria 4.0 e AI è al centro di diverse analisi del Wef. In uno studio del 2018 (“The future of jobs 2018”) l’organizzazione con sede centrale in Svizzera ha calcolato che 75 milioni di persone potrebbero perdere il lavoro ma anche che esiste l’opportunità di creare fino a 133 milioni di posti. Il nodo restano le competenze: per evitare che la quarta rivoluzione industriale generi effetti nefasti sull’occupazione servono gli skill digitali.