C’è in palio una commessa da 480 milioni di dollari, ma il dilemma etico sollevato da 94 dipendenti di Microsoft potrebbe mettere i bastoni tra le ruote all’affare. Redmond, infatti, ha siglato un contratto di fornitura con l’esercito americano dopo aver vinto a novembre una gara per lo sviluppo e la realizzazione di almeno 2.500 prototipi di headset per la Realtà aumentata a scopi militari. Un utilizzo della tecnologia digitale contrario ai principi del gruppo di collaboratori che ha firmato la petizione per la cancellazione dell’accordo: secondo fonti governative, i device serviranno per migliorare durante l’addestramento e sul campo di battaglia la “letalità, la mobilità e consapevolezza situazionale” dei soldati. Il caso, in realtà, ha costituito il pretesto per affrontare in senso lato il tema delle forniture militari. Nella petizione, infatti, il riferimento non è solo al contratto multimilionario con la difesa, ma a tutte le tecnologie che si prestano a diventare armi, con la richiesta esplicita di avere voce in capitolo sul modo in cui l’azienda usa il lavoro dei propri collaboratori. Un dipendente, parlando con la stampa in forma anonima, ha rivelato che non è chiaro se i promotori della petizione siano persone direttamente impiegate nella divisione coinvolta nella commessa. Un’altra fonte, invece, parla di risorse attive nell’ambito Cloud computing, che sta sperimentando una competizione sempre più serrata con Google e Amazon per farsi largo nel mondo della PA.
La risposta di Microsoft è stata abbastanza esplicita: da una parte il top management ha dichiarato che il riscontro dei dipendenti è sempre apprezzato, dall’altra ha fatto riferimento a un post pubblicato a ottobre sul blog aziendale dal presidente Brad Smith in cui si ribadiva sia l’impegno del gruppo nello sviluppo tecnologico per il settore militare, sia il sostegno a iniziative legislative che ne promuovessero l’uso responsabile.