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Tim, colpo di scena all’assemblea: Vivendi ritira proposta di revoca del cda

Gli azionisti votano a favore della mossa a sorpresa del socio francese. L’Ad Gubitosi: “Ora si apre la fase della collaborazione”. Soddisfazione dei sindacati: “Pronti al confronto sul valore-lavoro dell’azienda”

Pubblicato il 29 Mar 2019

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Alla fine nessun ribaltone in Tim. L’assembla si è chiusa con il voto favorevole al ritiro della proposta di Vivendi sulla revoca del cda che era il punto cruciale all’ordine del giorno dell’assise.

La proposta del socio francese è stata accolta con il voto favorevole del 95,357% del capitale presente. I contrari sono stati il 4,334%; gli astenuti lo 0,308%. Al momento del voto era rappresentato il 67,0165% del capitale sociale.

Elliot apprezza la decisione di Vivendi di soprassedere dalla richiesta di revocare cinque consiglieri di Tim: “un chiaro segnale che capisce come ci sia un ampio supporto per il cda indipendente di Tim in carica”, si legge in una nota del fondo. “Questo risultato è una vittoria per Tim e spiana la strada per una creazione di valore stabile per tutti gli azionisti”. Elliott continua a supportare “l’Ad Luigi Gubitosi, il management e l’attuale board indipendente” e guarda a un “dialogo costruttivo con tutti gli azionisti per perseguire la massimizzazione del valore per il gruppo”.

All’inizio dell’assemblea la rappresentante legale di Vivendi, a sorpresa, aveva annunciato la decisione della società del gruppo Bollorè di rinunciare alla richiesta di revoca e il presidente di Tim, Fulvio Conti, aveva rimesso l’eventuale ritiro della proposta alla volontà dei soci. Il voto è arrivato dopo una breve interruzione per permettere ai proxy di aggiornare l’indicazione di voto dopo il colpo di scena. I soci di Tim, tra l’altro, hanno approvato il bilancio 2018, in rosso per 1,4 miliardi dopo 2,6 miliardi di svalutazioni, con il 64,25% di favorevoli, il 35,7% di astenuti e una percentuale residua di contrari. Non è invece passata la relazione sulle remunerazioni, anche se su questo punto il voto dell’assemblea è puramente consultivo. In particolare, si è espresso favorevolmente solo il 43,76% dei soci presenti, mentre ha votato contro il 20,4% e si è astenuto il 35,84%. Nel corso dell’assise, il disturbatore Marco Bava ha chiesto un’azione di responsabilità contro l’Ad Luigi Gubitosi per la sua decisione di continuare sulla strada dell’isopensione come incentivo all’esodo pattuito con i sindacati per permettere un piano di esuberi su base volontaria, uno strumento previsto a suo tempo nel piano predisposto dall’ex capo azienda Flavio Cattaneo. L’azione di responsabilità è stata bocciata dai soci.

A tenere banco è stata dunque la mossa a sorpresa dei francesi che hanno annunciato, già in mattinata il ritiro della proposta di revoca del cda. Vivendi aveva proposto di revocare 5 consiglieri sui 10 della lista Elliott, maggioranza del consiglio a 15. Nel mirino Fulvio Conti, Alfredo Altavilla, Massimo Ferrari, Dante Roscini e Paola Giannotti De Ponti. I consiglieri da sostituire con: Franco Bernabè, Rob van der Valk, Flavia Mazzarella, Gabriele Galateri e Francesco Vatalaro.

Vivendi, aveva ricordato la rappresentante legale del socio francese, “ha investito 4 miliardi” in Tim come “investitore industriale di lungo periodo” ed “è la prima a essere interessata a ristabile un clima collegiale o di normale gestione nel board per implementare il piano nell’interesse degli stakeholders”. Vivendi ha insistito tuttavia sui problemi che “hanno pesato sul prezzo delle azioni” e sul fatto che la società francese “desidera che il cda sia effettivamente rappresentativo della base dei soci e che sia trasparente”. La rappresentante aveva aggiunto: “siamo pronti a dare credito alle aperture dell’Ad Gubitosi, e per questo abbiamo deciso di rinunciare alla richiesta di revoca degli amministratori”.

“Vivendi – spiegava ancora la rappresentante – è più interessata di qualunque altro azionista a ristabilire un board unanime che supporti il management nel concepire e implementare il piano per la creazione di valore nell’interesse di tutti gli azionisti, la società e tutti i suoi dipendenti”. “Abbiamo chiesto ai soci – proseguiva – di votare per un cambio di governance perché quello che è successo intorno al board dal maggio scorso ha colpito il prezzo delle azioni e il funzionamento intero della società. Vivendi “auspica che il cda di Tim rifletta la base dei soci della società e che sia indipendente, trasparente e pienamente inclusivo. Siamo pronti a dare credito a quello che il ceo ha detto e in accordo con il suo suggerimento e abbiamo deciso di non procedere con la nostra proposta di revocare e rimpiazzare cinque membri del cda” e infine “se il cambiamento si verifica come annunciato dal ceo, potrà contare sulla nostra lealtà”.

La media company ha dunque accolto l’invito dai vertici di Tim. Aprendo i lavori il presidente Fulvio Conti, aveva auspicato una “nuova fase di concordia e collaborazione”. “Tim è un asset per il Paese, un campione nazionale purtroppo spesso bistrattato e probabilmente meritevole di maggiore attenzione da parte di istituzioni, mondo politico e società civile – aveva sottolineato – E’ noto a tutti che il nuovo corso di Tim è stato oggetto di contestazioni, polemiche e accuse che vanno a detrimento di un’ordinata gestione. Penso che sia il momento di abbassare i toni e di tornare a concentrarci sulle priorità di Tim: il suo successo industriale e commerciale”.

Sulle necessità di superare le divisioni interne aveva posto l’accento anche l’Ad Luigi Gubitosi. “Tim ha la storia, le competenze e il know how per competere con orgoglio e successo con i peers europei. Puoi fare tantissimo per gli azionisti e per il Paese – aveva dichiarato il ceo di Telecom Italia, nel suo intervento – Lavoriamo per rendere più competitiva la società che ha grandi asset. Ci sono tuttavia anche problemi che non sono stati affrontati in passato con sufficiente determinazione come l’incremento dei costi, l’erosione del flusso di cassa. Ma siamo convinti che il piano industriale avrà successo, stabilizzando i ricavi, tagliando i costi e ottimizzando la spesa per investimenti. Dobbiamo lavorare sulla cultura aziendale sia in termini economici che qualità”. Gubitosi ha quindi concluso che Telecom deve superare le divisioni e diventare “un’azienda normale”.

Che l’assemblea possa aprire la strada a un cammino di collaborazione è anche l’auspicio dei sindacati. “Auspichiamo – dice a CorCom il segretario della Uilcom, Salvo Ugliarolo – che il risultato dell’assise di oggi ponga davvero fine alla guerra tra Elliott e Vivendi e permetta di attuare le misure di rilancio del piano che l’Ad Gubitosi ha indicato nelle scorse settimane ai sindacati”. Tim, prosegue Ugliarolo, “è un asset cruciale per lo sviluppo e la competitività del Paese che deve continuare ad operare nella sua interezza. Per questo continueremo a dire no a ogni progetto di scorporo della rete ma guardiamo con attenzione eventuali aggregazioni con Open Fiber che possano mettere a frutto importanti sinergie”.

Questa azienda ha bisogno di rinnovarsi se vuole vincere la sfida della digitalizzazione – si legge in una nota congiunta di Slc, Fistel e Uilcom –  Come sindacato siamo pronti ad aprire un confronto serrato sul “valore lavoro” aziendale. La fase che sta vivendo il settore, e Tim in particolare, non è sicuramente delle migliori ma occorre davvero che Tim riprenda il ruolo che gli è connaturato nel trainare il comparto verso l’innovazione. Speriamo sia davvero finita l’epoca in cui il management aziendale era prevalentemente concentrato sul contenimento dei costi, e che riprenda invece a costruire una azienda in grado di guidare davvero l’approdo del Paese nell’era digitale. In questo senso non possiamo che valutare positivamente l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti se si sostanzierà in un ruolo di stimolo per gli investimenti infrastrutturali e definitiva stabilizzazione del capitale societario”

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