Sempre meno pubblicità occulta nei post e blog degli influencer. Lo rileva un report realizzato dall’Osservatorio Buzzoole secondo cui il mercato dell’influencer marketing sta diventando più virtuoso. E’ la moda il settore più corretto, il tech fra i meno trasparenti.
Nel 2018 i post in lingua italiana che si “autodenunciano” come pubblicitari (utilizzando hashtag come #ad, #adv, #sponsorizzato, #sponsored, #inserzioneapagamento, #pubblicità, #advertising), sono stati 190mila registrando un incremento del 235% rispetto al 2017, si legge nella ricerca.
Instagram risulta la piattaforma più virtuosa con il 66% di post “trasparenti”, seguita da Twitter con il 27%. Nel conteggio il dato relativo a Facebook non è “qualificabile”: la piattaforma non permette “per motivi di privacy” di accedere a questo tipo di rilevazione. Instagram detiene lo scettro anche sul fronte interazioni che raggiungono quota 99%.
L’analisi mette in luce anche i settori che si sono distinti nell’utilizzo degli hashtag della trasparenza: la moda (abbigliamento e calzature) si mostra il mercato più attento con il 29,3% dei post prodotti. A seguire il beauty con il 20,8%, accessori (borse, orologi e gioielli) con il 13,4% e il food/drink con il 13,2%.
Meno attenti, invece, i settori legati all’intrattenimento (6,6%), tecnologia (5%), automotive (3,7%) e viaggi (2,8%). Per quanto riguarda il numero di interazioni totale (like, commenti, condivisioni), i settori più ingaggianti sono il fashion (30,6%) e il beauty (16,3%), seguito da accessori (13,9%) e intrattenimento (10%). Il food&drink, pur essendo al quarto posto per numero di post, sviluppa meno engagement con il 9,8%.
Il tema della “pubblicità occulta” nei contenuti di blogger e influencer su social e blog è stato ripetutamente affrontato dall’Antitrust italiano che ha richiamato gli operatori nel fenomeno a conformarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo fornendo indicazioni mirate a rivelare la reale natura del messaggio: rapporti di committenza e finalità commerciali vanno messi allo scoperto “ancorché basati – dice il Garante – sulla fornitura gratuita di prodotti”.
Inoltre l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria nel 2016 ha varato la Digital Chart (rieditata nel 2017), un codice di comportamento che suggerisce l’utilizzo di hashtag atti a rendere evidente al pubblico le attività sponsorizzate dagli influencer. In questo contesto, è stata inoltre fondamentale l’azione dell’Unione Nazionale Consumatori che monitora le situazioni di pubblicità occulta segnalandole al Garante della Concorrenza e all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria.
I paesi anglosassoni hanno iniziato ad affrontare il tema della trasparenza già da diversi anni, per poi venire alla ribalta nel 2017 ad opera della Federal Trade Commission che ha chiesto agli influencer di utilizzare hashtag specifici per segnalare la natura commerciale dei post.