LA SPY STORY

Bezos spiato dai sauditi: ritorsione contro il Washington Post?

A sollevare il caso è il capo della sicurezza del fondatore di Amazon, secondo il quale un gruppo di hacker avrebbe avuto accesso ai messaggi privati del manager. Al centro della vicenda potrebbero esserci le notizie pubblicate dal quotidiano sull’omicidio Khashoggi

Pubblicato il 01 Apr 2019

bezos

La vicenda si fa sempre più ingarbugliata. Dopo che era stato indicato come responsabile “praticamente certo” del leak delle informazioni riservate dal telefonino di Jeff Bezos, cioè da quello dell’amante (che ha provocato uno scandalo che è costato a Bezos tra l’altro il suo matrimonio con MacKenzie Tuttle durato 26 anni) il fratello di quest’ultima, adesso il capo della sicurezza di Amazon fa un passo avanti e punta il dito in tutta un’altra direzione. Secondo Gavin de Becker, infatti, a fare una incursione di cyberspionaggio estremamente sofisticata sul telefonino di Bezos sarebbero stati emissari dei sauditi. E passa il faldone con le informazioni raccolte alla Fbi.

Insomma, i messaggi e foto intimi che il Ceo di Amazon ha inviato alla sua amante, l’ex conduttrice televisiva Lauren Sanchez, secondo de Becker non sarebbero stati prelevati dal fratello di quest’ultima, che avrebbe avuto accesso al telefonino della sorella e avrebbe rivenduto tutto al quotidiano National Enquirer e al suo editore Ami. Tutt’altro, i messaggi e le foto sarebbero state invece rubate dal telefonino di Bezos da un’organizzazione di hacker: “A indagini concluse possiamo dire con grande sicurezza che i sauditi avevano accesso al telefono di Bezos e hanno ottenuto le informazioni private», ha detto de Becker.

Bezos aveva incaricato de Becker, il suo capo della sicurezza, di indagare su come il National Enquirer avesse fatto ad ottenere e quindi a pubblicare, il materiale “riservato” di Bezos.

In un post insolito ed estremamente diretto, pubblicato a febbraio, Bezos aveva affermato che l’editore di National Enquirer, Ami, lo stava ricattando, minacciando di pubblicare foto intime se non avesse dichiarato pubblicamente che la copertura del tabloid su di lui non era politicamente motivata. L’Ami ha affermato di aver agito legalmente nei suoi rapporti su Bezos.

E poi arriva la rivelazione di de Becker, che dietro il materiale fornito ad Ami ci sarebbero i sauditi. Bezos, oltre che di Amazon è anche proprietario del Washington Post, che ha da tempo una copertura critica dell’amministrazione Trump e del governo saudita. L’evento peggiore è avvenuto a ottobre, quando il giornalista del Post, Jamal Khashoggi, è stato assassinato in maniera crudele e spietata in un consolato saudita a Istanbul, scatenando come reazione l’indignazione internazionale contro Riyadh.

“Alcune persone – ha dichiarato de Becker a Cnbc – saranno sorpresi di apprendere che il governo saudita ha portato avanti con determinazione l’intenzione di danneggiare Jeff Bezos a partire dallo scorso ottobre, quando il Post ha iniziato la copertura dell’omicidio di Khashoggi”.

De Becker ha anche spiegato che non è chiaro se Ami fosse a conoscenza dei dettagli, ma ha sottolineato ciò che ha definito come “una stretta relazione” tra il presidente dell’Ami, David Pecker, e il governo saudita. Il governo saudita ha più volte negato di avere a che fare con gli articoli pubblicati dal National Enquirer su Bezos.

De Becker ha spiegato che con la sua indagine ha rapidamente identificato Michael Sanchez, il fratello di Lauren Sanchez, come una fonte a pagamento del National Enquirer. L’Ami ha detto che Michael Sanchez era l’unica fonte per la storia. Ma de Becker ha anche scoperto che «l’informazione iniziale proveniva da altri canali, un’altra fonte o metodo». Alla fine, dalle indagini di de Becker è risultato che si trattasse di una cyber-intrusione del governo saudita.

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