Accordo per l’intervento dello strumento di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese del settore call center Previsti nell’art. 26 sexies della L. 26/2019 (il cosiddetto Decretone che norma quita 100 e reddito di cittadinanza): questo il risultato raggiunto tra Comdata e le organizzazioni sindacali del comparto di riferimento. L’accordo è stato firmato al tavolo presieduto dal vice capo di Gabinetto del Mise, Giorgio Sorial, al ministero del Lavoro. “Si tratta della prima, significativa applicazione della nuova norma – ha posto in evidenza Sorial – che introduce, per i lavoratori dipendenti nelle imprese del settore call center, nuove misure di sostegno al reddito. La soddisfazione per il risultato raggiunto è massima: il Governo, grazie alla recente approvazione in via definitiva del cosiddetto Decretone, ha aperto la strada ad altri interventi a favore dei dipendenti dei call center che versano in difficoltà”.
Nello specifico, l’accordo sottoscritto oggi prevede il sostegno al reddito “per dare continuità al piano di risanamento e per far fronte al protrarsi delle difficoltà che hanno originato l’intervento di assegno ordinario concordato nell’accordo del 30 luglio 2018”. Il sostegno sarà erogato “dal 1 aprile 2019 e fino al 31 dicembre 2019 per un numero massimo di 49 lavoratori (quelli operanti nel sito di Pozzuoli ndr) con sospensione fino a zero ore settimanali”. In virtù dell’applicazione di questa norma, ha concluso Sorial, Comdata “potrà usufruire di uno strumento utile al fine di superare il momento di crisi mantenendo l’apertura del sito di Pozzuoli e la salvaguardia dei livelli occupazionali”.
Un traguardo raggiunto anche attraverso “il lavoro svolto dal tavolo sui call center e nei tavoli di crisi aperti al Mise e al ministero del Lavoro”. In base all’accordo, l’azienda anticiperà ai lavoratori l’indennità a carico dell’Inps, per le settimane di sospensione dal lavoro. Le parti, infine, hanno concordato di incontrarsi “all’inizio del prossimo mese di giugno al fine di verificare l’evolversi della situazione sul territorio”.
“I lavoratori di Pozzuoli – spiega Giorgio Serao della segreteria nazionale Fistel Cisl – saranno assorbiti sulla commessa Inps che Comdata si e’ aggiudicata con l’ultimo bando di gara. Slc, Fistel e Uilcom insieme alle Rsu di Comdata hanno iniziato un percorso di lotta che ha portato il Governo a prorogare gli ammortizzatori sociali per tutto il 2019, in attesa che venga recepita la proposta di ammortizzatori sociali ordinari per i Call Center”.
“Adesso – aggiunge Riccardo Saccone, segretario nazionale della Slc Cgil – dobbiamo continuare a tenere alta la guardia per difendere e rilanciare il sito di Padova e l’intero perimetro occupazionale, invitando l’azienda a portare nuove commesse nel sito Veneto. Le segreterie nazionali dopo oltre sei mesi di mobilitazione esprimono soddisfazione per la parziale conclusione positiva della vertenza in attesa di chiudere entro luglio, e positivamente, anche quella relativa al sito di Padova”.
La chiusura della sede di Pozzuoli rientrava nella strategia di riallocazione delle commesse messa in campo da Comdata. Quello campano è un sito che non gestiva una sola commessa ma “pezzi” sparsi di altre attività che però sono “core” in altri siti. Inoltre molti lavoratori erano ex addetti Vodafone, passati in Comdata quando la società ha comprato il ramo d’azienda dalla compagnia e dunque con un costo del lavoro più alto rispetto agli altri.
Come spiegava Comdata nella comunicazione di apertura della procedura per riduzione di personale, il sito di Pozzuoli “ha prodotto un valore della produzione insoddisfacente rispetto ai costi com plessivi da esso sostenuti – si leggeva nel piano – difatti il costo del lavoro, sproporzionato rispetto alle commesserimaste e al fatturato generato, congiuntamente al ridotto dimensionamento, non permette più lacopertura dei costi fissi di gestione della struttura causando quindi un risultato di Ebitda costantemente negativo”. Per Comdata i risultati degli esercizi pregressi non sono stati idonei, e non lo potranno essere per il futuro, a sostenere i costi dell’unità produttiva di Pozzuoli e dunque “la prosecuzione delle attività si rivela essere una soluzione non perseguibile, stante l’incapacitàdei siti di poter proseguire l’attività in un equilibrio economico sostenibile”. Ma per ora il sito campano è salvo.