I giovani nati fra la metà degli anni Ottanta ed i primi del Duemila – appartenenti alle categorie dei cosiddetti Millennials e dei Centennials – rappresentano una risorsa-chiave per il futuro del nostro Paese, sia sotto il profilo della fruizione culturale che della produzione creativa. Sebbene oggi si parli spesso di “Generazioni Y e Z” o “nativi digitali”, le loro caratteristiche in termini di abitudini e stili di vita sono, di fatto, sconosciute ai decisori pubblici – al contrario di quanto avviene per le imprese che considerano i giovani target di mercato centrali e oggetto di mirate campagne di marketing – limitando, così, l’efficacia delle politiche a loro destinate ed escludendoli da una significativa quota di offerta culturale e artistica. La fotografia è scattatadal rapporto di Civita “Millennials e Cultura nell’era digitale. Consumi e progettualità culturale tra presente e futuro”.
Sotto la lente, le cosiddette Generazioni Y (18-32) e Z (15-17), ovvero i nati fra il 1986 ed il 2003: giovani che, in un contesto odierno di forte complessità, si trovano a dover affrontare scelte chiave della loro vita, l’uscita dalla famiglia di origine o il passaggio dallo studio al mondo del lavoro.
Un’ampia quota del campione (il 76%) vive con la famiglia di origine; il 93% è single (86% Gen Y) e solo il 4% ha figli. Il 41% è in possesso di laurea o titolo post lauream (in prevalenza di taglio scientifico) e, in termini occupazionali, il 14% del campione svolge un’attività lavorativa – oltre 4 Millennials su 10 sono occupati a tempo pieno – mentre 6 intervistati su 10 sono studenti.
Identità e autorappresentazione
Con l’intento di delineare un quadro di autorappresentazione dei giovani oggetto di indagine, è stato chiesto loro di scegliere da una lista le 3 parole più adatte a descrivere se stessi e i propri coetanei, ponendole in ordine in importanza. A fronte della complessiva connotazione social dell’intero campione ed una certa propensione all’internazionalità, i Millennials risultano ambiziosi e, al contempo, minati dalla precarietà e dal senso di frustrazione nei confronti del proprio futuro lavorativo ed economico, i giovanissimi della Gen Z, nativi digitali, si dichiarano “curiosi” e “felici”. Questi ultimi vivono in modo energico la loro quotidianità, scandita dal desiderio di scoperta, sperimentazione del nuovo e voglia di esplorazione del mondo esterno alla propria dimensione, facendo uso di dispositivi tecnologici e digitali non solo per finalità ludiche.
Riguardo ai valori di riferimento, la socialità tende a polarizzarsi nell’ambito ristretto della famiglia, della cerchia di amici e delle relazioni amorose (pilastri sicuri ed inattaccabili in stretta connessione con la tradizione, cui il concetto di Cultura si associa fortemente), con disinteresse e disaffezione per le istanze sociali e collettive. Emerge, dunque, il ritratto di una generazione confusa rispetto alla propria condizione, la cui definizione di sé passa attraverso gli interessi e le passioni individuali (“sono ciò che faccio”), e che non si riconosce in una classificazione generazionale (solo 2 su 10 conoscono il significato di Gen Y e Z).
I “cluster”
Al fine di identificare come i giovani vivono la Cultura, indipendentemente dal fattore anagrafico, si sono individuati individuando 4 gruppi, sulla base delle risposte date rispetto alla descrizione di sé ed alle affinità valoriali, a partire dal più rappresentativo:
- “Custodi” (Millennials fra i 25 e i 32 anni di genere femminile) per i quali la Cultura è vissuta come un sistema di saperi codificati ereditati e trasmessi dalle generazioni precedenti e, pertanto, di stampo conservativo-tradizionalista;
- “Artefici” (giovanissimi fra i 15 e 17 anni di genere maschile) caratterizzati da una visione della Cultura come esplorazione di proposte e soluzioni originali e personalizzate, in discontinuità – ma non in conflitto – con i modelli trasmessi dai genitori e dalle agenzie istituzionali;
- “Cercatori” (in prevalenza di genere femminile, ubicati nel Mezzogiorno) in bilico tra frustrazione per la complessità della propria condizione di vita e desiderio di stabilità, vivono la Cultura come risorsa per la propria affermazione sociale e potenziale leva di crescita;
- “Funamboli” (cluster più istruito, ubicato nel Nord Ovest e dedito al lavoro) che percepiscono la Cultura come complesso di conoscenze aperto e dinamico, in costante equilibrio fra tutela della tradizione e sperimentazione innovativa.
I giovani e la cultura
Per i target analizzati la Cultura non evoca avversione, rifiuto o disinteresse e le connotazioni negative sono richiamate da poco più di un intervistato su 10. Per la maggioranza la Cultura fa parte, piuttosto, della propria sfera di esperienza, ritenendola vicina al proprio mondo, sia come bagaglio di conoscenze acquisite che in prospettiva aspirazionale.
La nozione di Cultura che emerge ha un’accezione tradizionale proiettata al senso del sapere e della conoscenza, con un richiamo (fra i più giovani) alle dimensioni della scoperta e dell’esplorazione anche in chiave ludica. Ne consegue che il perimetro culturale per i giovani è polarizzato su elementi di stampa tradizionalistico (“conoscenza e tradizione” e “musei e monumenti”, in particolare per la Gen Y) a discapito delle “produzioni digitali”. In particolare, emerge una forte continuità con il corredo di conoscenze tramandato dalle figure parentali (per il 63% del campione l’idea di Cultura è la stessa dei genitori).
In termini di “vissuto culturale”, la fruizione culturale (frequentare cinema, teatri, musei, assistere a concerti, dedicarsi alla lettura etc.) appare gratificante per la metà del campione, ma anche desiderabile sia per l’arricchimento della propria personalità che per incrementare la social reputation e crescere professionalmente.
L’appeal esercitato sui giovani dalle offerte culturali dei territori appare decisamente limitato: 4 su 10 dichiarano di apprezzare l’offerta della propria città e la metà non ne fruisce appieno sia per scarsa conoscenza che per disinteresse.
I ragazzi stessi attribuiscono un ruolo-chiave a scuola e università (70%), media e internet (50%), famiglia (48%), istituzioni (44%). Queste ultime appaiono distanti, in particolare agli occhi della Gen Z, a dimostrazione della scarsa percezione della dimensione sociale della Cultura. Quali canali informativi vengono privilegiati dai giovani per relazionarsi con contenuti di natura culturale? Oltre 6 intervistati su 10 prediligono web e social network seguiti dal passaparola (33%), in linea con l’attuale pratica dello sharing.
Rispetto alle offerte culturali, i consumi privilegiano quelle legate alle dimensioni della spettacolarizzazione e dell’intrattenimento: film e web series. Emerge una connotazione culturale maggiore fra color che hanno una formazione superiore umanistica. Le offerte culturali “alte” (teatro, opera, ecc.) sono minoritarie per la Gen Z che percepisce la musica come momento di condivisione con gli amici attraverso gruppi e communities (mentre la Gen Y preferisce un consumo privato), prediligendo generi attuali e commerciali. La fruizione mediale passa, in prevalenza, dalle piattaforme di streaming online (Spotify e Youtube per la musica e Netflix per film e serie). La televisione occupa un ruolo marginale e andare al cinema non risulta particolarmente interessante, anche per i costi ritenuti troppo elevati.
Il report analizza anche i fattori disincentivanti. In primis i costi (6 su 10 soprattutto Gen Y) e, a seguire, l’offerta scarsa (residenti in centri minori) o inadeguata. In generale i giovani sono disposti a spendere soprattutto in ambito musicale e per i concerti dal vivo; molto apprezzate le iniziative incentivanti l’accesso come le aperture gratuite dei siti o gli abbonamenti agevolati.
Sul fronte delle produzioni creative, coloro che le praticano variano da 1/3 a 1/7 e sono soprattutto i giovani della Gen Z, impegnati in ambiti quali fotografia, produzione audiovisiva e danza.
Gli Artefici appaiono in assoluto i più dinamici, non solo nella musica e nella produzione video ma anche nella realizzazione di disegni e illustrazioni.
Anche qui il costo è la barriera maggiore (39%), seguito dalla mancanza di luoghi /strumenti idonei alla pratica creativa (36%), dalla assenza di persone con cui condividere e co-produrre (33%) e, infine, dalla mancanza di supporto informativo per lo svolgimento delle attività creative (26%).
In definitiva, strutture dedicate (in particolare laboratori pratici), tutorial e corsi sono ritenuti strumenti efficaci ad alimentare la produzione artistica. Il web, specie per i più giovani, rappresenta la fonte di ispirazione e supporto privilegiata per ogni attività culturale.
Lo strumento privilegiato per la condivisione dei propri prodotti creativi è Instagram, seguito da Facebook e WhatsApp. Il tag è visto come forma di produzione creativa, a metà fra scrittura e disegno.