La commissaria alla competizione Margrethe Vestager un anno fa li aveva incaricati di studiare le grandi sfide del digitale: come fare a rispondere ai problemi che i colossi come Amazon, Facebook e Google pongono ad esempio nel trattamento dei dati e soprattutto nella loro capacità di estrarre informazioni utili ad espandere sempre più rapidamente il loro controllo sui rispettivi mercati di appartenenza.
Dopo un anno di studio i tre saggi ritornano e le soluzioni che propongono potrebbero stonare all’orecchio di molti eurocrati. Però ci sono delle idee che si muovono in delle direzioni che prima probabilmente non erano mai scandagliate a sufficienza.
Così, mentre negli Usa la candidata alle primarie democratiche Elizabeth Warren propone di fare uno spezzatino dei colossi dell’hi-tech, i tre docenti invece propongono tutto l’opposto: diamo loro spazio ma in cambio devono condividere tutte le loro informazioni. “Perché – ha detto Vestager a una conferenza organizzata dall’agenzia per la competizione rumena – nell’era digitale avere i dati giusti potrebbe essere la chiave per continuare a competere”
Inoltre, sostengono i tre saggi, i meccanismi di indagine e monitoraggio della Commissione devono essere rapidamente rivisti e accelerati, altrimenti non potranno mai reggere il passo con la rapidità del cambiamento nel settore tecnologico.
Nel loro rapporto i tre accademici prestati al policy-making hanno anche affermato che è necessario rendere più facile per le aziende di spostare i dati in loro possesso su piattaforme concorrenti. Questa, sostengono, potrebbe essere una soluzione per frenare i giganti della tecnologia. “Richiedere – scrivono i tre – agli attori dominanti di garantire l’interoperabilità dei dati può essere un’alternativa più attraente ed efficiente di quella della divisione delle aziende. Un modo che ci consente di continuare a beneficiare dell’efficienza dell’integrazione».
Vestager ha detto che esaminerà le raccomandazioni, che non sono vincolanti, prima di decidere il prossimo passo da fare.
Non ci sono solo la circolazione delle informazioni e la velocità delle indagini sul piatto. Per la questione delle società che acquistano concorrenti più piccoli per chiuderli, conosciute come “acquisizioni killer”, i saggi hanno suggerito che i regolatori dovrebbero rafforzare e riformulare le loro argomentazioni sul perché alcune aziende che acquistano un altro in un mercato diverso ma strettamente correlato potrebbero danneggiare la concorrenza. Occorre un approccio più chiaro e comprensibile, anche dal punto di vista dei mercati.
I tre saggi hanno però respinto le richieste di alcuni giganti tecnologici, come Google, di voler essere riconosciuti come una “utility essenziale” i cui servizi sono ragionevolmente necessari alla società nel suo insieme. “Non ci immaginiamo – hanno scritto i tre saggi – che dall’economia digitale possa emergere un nuovo tipo di ‘public utility’ e una regolamentazione specifica connessa. I rischi associati a un regime di questo tipo – rigidità, mancanza di flessibilità e rischio di blocco del mercato – sono troppo alti”.
Gli esperti, scrive Reuters, sono Heike Schweitzer, docente di diritto della Humboldt University; Jacques Cremer, professore della School of Economics di Tolosa, e Yves-Alexandre de Montjoye, professore associato di data science dell’Imperial College di Londra.