Gordon Moore, cofondatore di Intel, enunciò un paio di leggi che prendono il suo nome. La prima: “Le prestazione dei processori raddoppiano ogni 18 mesi”; la seconda annuncia catastrofi: “L’investimento per un nuovo microprocessore cresce in maniera esponenziale”, cioè tendente all’infinito. Immaginiamo lo scenario futuro. I drone sperimentati nelle guerre recenti hanno microprocessori progressivamente più raffinati e sono a un passo dal conseguire la totale autonomia. Il drone è oggi diretto dal binomio uomo-computer, nel quale il primo ha solo due o tre classi importanti di decisioni: “partire-tornare”, “priorità degli obiettivi” e “spara-non spara”.
Queste residuali funzioni scompariranno non appena le capacità integrate di analisi e decisione delle intelligenze artificiali saranno comparabili a quelle di un gatto. La combat zone fra qualche anno: sciami di drone si alternano H24, dotati di armi utili contro qualunque obiettivo. Lo sciame risponde a un drone “regina” che dà ordini a sua discrezione. Pochi anni fa si teorizzò un campo di battaglia gerarchicamente piatto. Le intelligenze artificiali ricostruiscono la piramide militare, ma al vertice troviamo un’entità extra umana che governa sulle “regine” interconnesse. I costi cresceranno esponenzialmente, come assicura Moore. Le ricchezze dovranno quindi concentrarsi – in questi mesi ne abbiamo un assaggio – verso la mano del dio tecnologico. Due anni fa ci preoccupavamo delle intercettazioni. Oggi sappiamo che intercettano tutto e scelgono quello che reputano necessario. Le democrazie sbiadiscono e i drone volteggiano nel cielo scuro, come vampiri.