“L’Ue non prende di mira venditori o fornitori specifici di infrastrutture per il 5G, ma è necessario combinare l’innovazione con la sicurezza che devono marciare parallelamente”. Così queste parole il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha ribadito la posizione dell’Europa in riferimento al “caso cinese” e in particolare alla “questione” Huawei.
La dichiarazione arriva al termine del vertice Ue-Cina, in cui però il “dossier” non è stato discusso, come ha dichiarato lo stesso premier cinese Li Keqiang. “Entrambe le parti devono trattare con equità le imprese”, per cui “ci deve essere la presunzione d’innocenza, finora non sono state ricevute lamentele sull’operato delle società 5G cinesi – ha detto Li al termine dell’incontro – “L’importante è trattarsi gli uni con gli altri con equità”. “Rispettiamo le regole dei Paesi in cui operano le imprese cinesi e c’è l’impegno da parte nostra di rispettare le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio”, ha aggiunto il premier cinese Li.
A fine marzo la raccomandazione della Commissione Ue sul 5G ha demandato agli Stati membri la competenza di bloccare o meno eventuali imprese extra-Ue. I governi sono obbligati ad effettuare una valutazione nazionale sullo stato delle reti da inviare all’Agenzia per la sicurezza Enisa. Ed è fissato per fine anno il rilascio degli standard minimi per la tutela delle infrastrutture. In dettaglio, gli Stati membri dovranno “completare una valutazione nazionale del rischio delle reti 5G entro la fine di giugno 2019” e “su questa base aggiornare i requisiti di sicurezza esistenti per i fornitori” con “obblighi rafforzati” e di cui vanno valutati “rischi tecnici e rischi legati al comportamento”, anche “per quelli di Paesi terzi”.
Allo stesso tempo però, mette in chiaro Bruxelles, “gli stati membri hanno il diritto di escludere società dai loro mercati nazionali per ragioni di sicurezza nazionale, se non rispettano gli standard e il quadro legale del Paese”. In ogni caso “non spetta alla Commissione bandire le imprese, sono gli stati membri che devono deciderlo”.