Dopo 5 giorni e circa 50 appuntamenti – tra conferenze, masterclass, workshop, community events e momenti dedicati alle startup selezionate – è terminata la terza edizione della Rome Startup Week che è stata affollata di giovani, imprenditori, addetti ai lavori da tutto il mondo. I rappresentanti degli ecosistemi startup esteri e gli ospiti internazionali hanno costituito quest’anno il 30% degli invitati alla Week che, in chiusura dei propri lavori, ha avuto oggi il piacere di ospitare la Sindaca di Roma Virginia Raggi.
Nella giornata conclusiva si sono celebrati i vincitori dell’inedita Diplomatic Startup Challenge e della Gladiator Challenge. La Diplomatic, alla sua prima edizione, ha coinvolto tre Ambasciate della città di Roma – quella del Regno Unito, quella di Francia e quella del Perù – che hanno selezionato ciascuna una startup che doveva aver già collaborato con una grande azienda, offrire un servizio per il mercato B2B e avere una raccolta massima di un milione di euro. La Diplomatic Challenge è stata vinta dalla startup peruviana tutta al femminile Le Qara, che produce prodotti di pelle a partire da microrgansmi, coniugando le biotecnologie con la moda nel segno dell’ecosostenibilità.
La Gladiator Challenge, giunta alla seconda edizione, ha visto la partecipazione di 20 startup che questa mattina si sono cimentate in una pitch competition tra startup idea-stage.
Ivincitori della Gladiator Challenge
Il primo posto è andato alla startup Clobot presentata dal suo fondatore Damiano Bonacchi, di Prato, che si muove da molti anni nel settore della produzione dell’abbigliamento. Che, da tempo, sta delocalizzando dove la manodopera costa meno, dando vita purtroppo anche a situazioni critiche come quella dello sfruttamento del lavoro minorile. Grazie al robot progettato da Clobot, il cui funzionamento è stato illustrato dal founder alla giuria e al pubblico, si potranno invece realizzare t-shirt in 9 secondi senza alcun bisogno di manodopera: i robot di Clobot sono infatti in grado di produrre 10mila magliette in 24 ore senza dover ricorrere a operai nella realizzazione del capo. Una rivoluzione vera e propria con un potenziale di business enorme. Il mercato delle t-shirt vale infatti 15 miliardi di dollari a livello globale: per coprirlo interamente servirebbero 3.750 robot Clobot, che costano 1,5 milioni di dollari l’uno. Il fatturato potenziale della startup è di quasi 6 miliardi di dollari. Per ora, con un pre-seed da 600mila euro, il team di Clobot ha messo a punto la macchina, pronta dunque a raccogliere ulteriori investimenti e a diventare un progetto decisamente appetibile.
Il secondo posto va alla startup Palco che beneficia dell’esperienza quasi ventennale del suo fondatore e CEO, Leone Crescenzi, imprenditore dello spettacolo con relazioni internazionali che arrivano alle grandi major. L’idea di Palco parte da un dato: il 63% delle persone tra i 18 e i 34 oggi non guarda la tv, ma ama ugualmente i prodotti di intrattenimento fruendoli online e sul cellulare. Palco intende quindi creare show ed entertainment per chi non usa più il piccolo schermo, una cifra oltretutto destinata a crescere nei prossimi anni, realizzando mobile show e portando sui cellulari prodotti televisivi a partire dai quiz. Se guardare un prodotto di Palco sarà free, l’interazione e il gioco saranno invece a pagamento: in cambio, però, l’utente potrà vincere un premio in denaro con una frequenza stimata in 8 volte su 10. The Booty Show, già sviluppato, è ad esempio un trivia game e Crescenzi lo ha presentato come un potenziale “Candy Crush” del mobile show. Forte del lavoro del suo fondatore, Palco ha stabilito connessioni con grandi multinazionali dell’audiovisivo, che stanno già investendo, e con star internazionali per i prodotti di entertainment. Non resta che aprire il sipario.
Terzo posto per Medere, startup che vuole fornire soluzioni per la salute delle persone e che non a caso è stata fondata da tre ingegneri biomedici. Uno dei quali, Marco Mannisi, è il Cpo e ha illustrato l’iniziativa e il progetto Pop, Plantari ortopedici personalizzati, che basa la sua innovatività sulla sinergia tra le tecnologie di acquisizione dati, la ricostruzione da immagini e la stampa tridimensionale. Il dolore agli arti inferiori è uno dei più diffusi negli adulti, colpendone uno su tre: il team di Medere ha pensato quindi di aiutare le persone che ne soffrono con un’idea molto semplice da dire quanto tecnologicamente avanzata: una persona scatta una fotografia del proprio piede, Medere mappa le informazioni e realizza in 3D un plantare perfettamente su misura. Il costo del plantare ortopedico personalizzato è stimato tra i 100 e i 150 euro, la metà di molte attuali soluzioni. Il progetto POP garantisce una grande accessibilità alle persone, fornendo anche l’accuratezza che serve grazie alla modellazione computerizzata, che poi viene ottimizzata nella fase della stampa in 3D. La quale, a sua volta, abbassa i costi e i tempi di produzione, ma consente l’uso di molti materiali di alta qualità.