È scontro tra Airbnb e Federalberghi sulla tassa di soggiorno. La società di San Francisco replica duramente agli albergatori italiani, che hanno accusato il portale di aver portato il “far west nelle locazioni brevi” per quanto concerne il pagamento dell’imposta di soggiorno.
“Da Federalberghi – afferma Airbnb – zero idee e offese agli amministratori locali. Difendendo d’ufficio i suoi numerosi associati accusati di peculato, il presidente Bocca si scaglia contro tutto e tutti, riuscendo a mancare di rispetto in un colpo solo sia al legislatore sia agli amministratori delle 23 città che hanno automatizzato l’imposta di soggiorno tramite Airbnb”.
“Negli ultimi tempi – aveva detto il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca – il quadro si è aggravato per effetto di un apparato sanzionatorio paradossale, che tratta allo stesso modo chi si appropria indebitamente delle risorse e chi sbaglia i conti per pochi euro, chi paga con qualche giorno di ritardo e chi non ha mai versato quanto riscosso”.
“Airbnb – spiega invece il portale Usa – è l’unica piattaforma digitale ad avere in essere accordi per la riscossione dell’imposta di soggiorno con quasi tutte le grandi città d’arte. Si tratta di protocolli innovativi che sono stati raggiunti con lavoro e impegno da parte nostro, di politici e funzionari, cercando una sintesi non facile fra tecnologia, leggi nazionali e regolamenti locali”.
Con i Comuni “siamo riusciti a semplificare la vita a ospiti, host e amministrazione e a garantire il 100% del riversamento dell’imposta, cosa che evidentemente in Federalberghi è motivo di imbarazzo”. “Nella propria battaglia di retroguardia – evidenzia Airbnb – Federalberghi riesce a offendere, parlando di accordi ‘capestro’, funzionari competenti di città come Milano, Firenze o Bologna che invece guardano alle convenzioni con Airbnb come a un modello da replicare con altri portali”. “Notiamo ormai – aggiunge la società californiana – un distacco siderale fra l’associazione e la realtà di molti albergatori locali, host dell’ospitalità tradizionale italiana che cerca innovazione e che vede in Airbnb una community aperta a tutti, una nuova risorsa per chiunque si affacci al mondo dell’accoglienza o ne sia protagonista da generazioni”.
La posizione di Federalberghi
“Non è tollerabile il Far West che si registra nel settore delle locazioni brevi. La legge ha stabilito che i portali devono riscuotere l’imposta di soggiorno dovuta dai turisti che prenotano e pagano attraverso le piattaforme, ma Airbnb assolve a tale obbligo solo in 18 comuni su 997″. E’ la denuncia del presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca alla 69/a assemblea generale della federazione.
“Per di più, queste amministrazioni, allettate dalla prospettiva di nuovi introiti, si sono rese disponibili a sottoscrivere un accordo capestro, accettando un sistema di rendicontazione sostanzialmente forfettario, che non consente un controllo analitico e induce a domandarsi se non si configurino gli estremi di un danno erariale” aggiunge il presidente degli albergatori.
“A quasi dieci anni dalla reintroduzione del tributo – afferma Bocca – dobbiamo purtroppo constatare di essere stati facili profeti. La tassa viene introdotta quasi sempre senza concertare la destinazione del gettito e senza rendere conto del suo effettivo utilizzo. Qualcuno racconta la storiella dell’imposta di scopo, destinata a finanziare azioni in favore del turismo. In realtà è una tassa sul turismo, il cui unico fine sembra essere quello di tappare i buchi dei bilanci comunali”. “Negli ultimi tempi – conclude – il quadro si è aggravato per effetto di un apparato sanzionatorio paradossale, che noi chiediamo di modificare, che tratta allo stesso modo chi si appropria indebitamente delle risorse e chi sbaglia i conti per pochi euro. Chi paga con qualche giorno di ritardo e chi non ha mai versato quanto riscosso”.