Mark Zuckerberg è un ”bravo ragazzo” ma ”il suo potere è senza precedenti, è anti americano’‘. Lo afferma il co-fondatore di Facebook Chris Hughes in un editoriale sul New York Times, sottolineando come a suo avviso le autorità dovrebbero intervenire e “spezzare” la società: “Mark Zuckerberg non può’ risolvere i problemi di Facebook, il nostro governo può”, scrive il manager che è stato anche consulente per la campagna elettorale dell’ex presidente Usa, Barack Obama.
“L’influenza di Mark è sconcertante, va al di là di chiunque altro nel settore privato o nel governo. Controlla tre piattaforme di comunicazione che miliardi di persone usano tutti i giorni. Il consiglio di amministrazione di Facebook funziona più come comitato consultivo che come organo di supervisione perchè Mark controlla il 60% dei voti”, afferma Hughes.
Le sue parole arrivano mentre Facebook è nel mirino delle autorità americane, che si apprestano a comminarle una multa record fino a 5 miliardi di dollari per le violazioni della privacy dopo i ripetuti scandali degli ultimi mesi. “Mark è una brava persona. Ma sono arrabbiato sul fatto che la sua attenzione sulla crescita lo abbia portato a sacrificare la sicurezza e la civiltà dei click. E sono preoccupato dal fatto che Mark si è circondato da una squadra che rafforza le sue idee invece di metterle in dubbio”, aggiunge Hughes.
Il governo deve ritenere “Mark responsabile. Per troppo tempo la politica è rimasta meravigliata dalla crescita di Facebook ed è passata sopra la sua responsabilità di assicurare che gli americani siano protetti – spiega Hughes – Siamo un paese che ha la tradizione di governare i monopoli, a prescindere dalle buone intenzione delle persone che guidano le aziende» dominanti: “il potere di Mark è senza precedenti, è anti-americano” dice Hughes, precisando che l'”America è basata sull’idea che il potere non dovrebbe essere concentrato su una singola persona perché tutti siamo fallibili”. Secondo Hughes “Adam Smith aveva ragione: la concorrenza stimola la crescita e l’innovazione”, ma separare Facebook “non è abbastanza. Abbiamo bisogno di una nuova agenzia, che abbia il potere di regolamentare le società tecnologiche. Il suo primo mandato dovrebbe essere tutelare la privacy”.
Intanto Mark Zuckerberg arriva in Italia. Il ceo di Facebook si trova oggi nella sede di Agordo di Luxottica, in Veneto. E’ arrivato in elicottero intorno alle 13 accompagnato dal patron Leonardo del Vecchio con il quale sta visitando lo stabilimento, intrattenendosi a parlare con i vertici e le maestranze del gruppo. Mister Facebook ha voluto vedere da vicino la realtà produttiva di Luxottica, manifestando interesse per la storia professionale che ha permesso a Del Vecchio di affermare la sua azienda come leader mondiale nel settore dell’occhialeria.
Sui motivi ufficiali della visita di Zuckerberg ad Agordo nessuna indiscrezione da parte delle due società. Una delle ipotesi sul tavolo – secondo il sito del Sole 24 Ore -potrebbe essere il possibile tentativo da parte di Facebook di ripercorrere l’esperimento – che peraltro non ebbe grande successo – di Google con gli occhiali “intelligenti”. Alla convention degli sviluppatori di Facebook, a San Josè, in California, Facebook ha presentato Oculus Quest, quello che a tutti gli effetti vuole essere la prova di maturità della virtual reality: un visore estremamente evoluto. Precedenti (e flop) nel mercato degli smartglasses Gli smartglass, dopo il flop dei Google Glass e tentativi come gli Spectacles di Snapchat, potrebbero vivere una seconda stagione che potrebbe essere quella della svolta come dispositivi indossabili di nuova generazione. Il mese scorso nella partita è entrata Huawei occhiali smart, molto semplici ma razionali: funzionano come estensione degli assistenti vocale e consentono di rispondere alle chiamate e ascoltare musica in stereo, al posto delle cuffie.
Gli occhiali intelligenti sono dunque da una decina di anni considerati una delle prossime frontiere della tecnologia personale e solo ora le cose sembrano muoversi. Due esempi? Le proposte di Oakley (gruppo Luxottica) e quelle dei Focals proposti da North che incorpora un display (in un modo invisibile) che puo’ vedere solo chi li indossa mentre la gestione e l’interazione in rete e’ affidati ad Alexa di Amazon. Si tratta di device diversi dagli occhiali VR, che coprono il volto e impediscono ogni attivita’, gli smartglasses fanno parte della categoria degli Hci (human-computer interaction) e sono dedicati all interazione uomo-macchina, o meglio uomo-rete.
Al settore degli smartglass sono interessati colossi come Safilo e, come accennato, Luxottica che potrebbero per questi device ricalcare il modello di business adottato da alcuni brand moda del mondo degli orologi come Emporio Armani che si sono lanciati nel mondo degli smartwatch. Del resto, la stessa Luxottica non è nuova a partnership con colossi tecnologici per trasformare i suoi occhiali in dispositivi Iot: l’internet of things, i dispositivi connessi alla Rete. Nel 2016, la collaborazione tra il gruppo veneto e la multinazionale dei microprocessori Intel ha dato vita all’esperimento di Oakley Radar Pace: un occhiale, dotato di un sistema ad attivazione vocale, capace di monitorare le performance sportive dei suoi utenti e fornire consigli personalizzati per gli allenamenti. Il prodotto, rivolto alla clientela di sportivi del marchio californiano (acquisito da Luxottica nel 2007), svolge la funzione di una sorta di coach vocale, incorporando su montatura e lenti le stesse funzioni rintracciabili nel vasto mercato di app per il fitness diffuse su smartphone, tablet e, appunto, dispositivi wearable. La tecnologia si basa su due elementi: gli occhiali, integrati da auricolari e microfono, e una app disponibile per Android e iOs.
Secondo indiscrezioni il ceo del colosso del web starebbe prendendo casa a Milano.