L'AUDIZIONE

Alvaro: “5G leva strategica per la PA cloud first”

Per la dg di Agid la quinta generazione mobile contribuisce a mettere in pratica i principi del Piano Triennale. Ma avverte: “Serve coprire anche le zone a fallimento di mercato rilanciando le partnership pubblico-privato, ma anche facendo pressing sulla Ue perché ci sia la stessa attenzione dimostrata per la banda larga fissa”

Pubblicato il 29 Mag 2019

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Le tecnologie emergenti, come il 5G, i big data e gli open data, sono gli attori di un sistema che deve essere governato partendo da quella che è la variabile principale, cioè i dati. La PA dispone di un grande patrimonio di dati, ma questo patrimonio è sufficientemente valorizzato e immediatamente utilizzabile per quello che può generare in termini di valore? Ci sono dei punti aperti che come Paese dobbiamo affrontare, e riguardano il fatto che i dati in possesso della PA non sono diffusamente dati di qualità, pur essendocene una gran mole”. Sono gli interrogativi sollevati da Teresa Alvaro, direttore generale dell’Agenzia per l’Italia digitale in audizione davanti alla commissione Trasporti nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data.

“Bisogna lavorare al più presto per un utilizzo massivo, ma di qualità, dei dati che abbiamo a disposizione come patrimonio pubblico – ha sottolineato – Gli ecosistemi, adesso verticali, relativi alla Difesa, alla sicurezza, alla Sanità e alla mobilità, rientrano a pieno titolo nelle applicazioni che sono la missione critica correlata strettamente all’abilitazione della tecnologia 5G. Secondo la nostra visione il 5G ci consentirà di incentivare iniziative di sviluppo di nuovi servizi digitali, utilizzando un principio proprio del nuovo Piano triennale, il ‘cloud first’, ovviamente con una grande attenzione alla sicurezza e all’affidabilità dei servizi offerti. Il problema di vedere trasversalmente alcuni temi nel Piano triennale, come la sicurezza e la privacy, è fortemente sentito in tutte le azioni del Piano”.

Le nuove tecnologie “impongono a ogni paese di adeguarsi a uno scenario in impetuosa accelerazione – ha sottolineato Alvaro – e per quanto riguarda lo sviluppo del 5G stime dicono che entro il 2020 passeremo da circa 6,4 miliardi di dispositivi attivi e connessi alla rete a circa 20,8 miliardi, dando vita a un sistema nervoso di economia digitale con cui dobbiamo confrontarci e che impone sfide impegnative soprattutto sulla cyber security”.

Focus anche sulla blockchain. Secondo Alvaro la tecnologia è utilizzabile nella PA “per innovare alcuni servizi, ma questi servizi prima devono essere reingegnerizzati”.

“Rispetto alle linee guida sulla blockchain che Agid deve diramare, abbiamo condotto un’analisi tecnica – ha spiegato – Per individuare i problemi prima che si creino, e per fare in modo che la PA si comporti come una sola, abbiamo costituito un gruppo di lavoro perché vengano esaminate per la blockchain tutte le ricadute di tipo giuridico e relative alla privacy. Sulla maturità della blockchain, penso che il panorama internazionale ancora non l’abbia definita compiutamente, quindi proprio per la portata innovativa abbiamo inserito nel gruppo di lavoro rappresentanti del Garante della Privacy, dell’avvocatura ed esperti di sicurezza, e sottoporremo le linee guida al processo di consultazione pubblica. Riteniamo di utilizzare questa cautela”.

Alvaro però è andata oltre la mera iniezione di tecnologia nella PA. L’aspetto principale, ha rilevato, “è trasferire ‘cultura’ all’interno delle amministrazioni”.

“Finché non si creerà una rete strutturata, e saranno date alle PA degli obiettivi strategici di digitalizzazione, non otterremo mai nessun risultato – ha avvertito la dg – Come far passare le amministrazioni dall’atteggiamento liturgico a quello di efficacia? Ancora una volta trasferendo cultura, facendole diventare protagoniste dell’innovazione. Non sono parole, stiamo lavorando con Piani, stiamo utilizzando le Regioni, e stiamo lavorando con l’Anci e con l’Upi”. Di qui la necessità di portare il 5G anche nelle zone che, per gli operatori, non sono ad alta redditività.

“Suggeriamo di influenzare le politiche di sviluppo Ue, per fare in modo che ci sia la stessa attenzione avuta per lo sviluppo della banda larga fissa – ha detto – Altro aspetto è la dimensione a livello nazionale: bisogna fare dei piani di sviluppo in questa direzione per favorire il partenariato pubblico-privato, e incentivare gli investimenti nelle zone a fallimento di mercato. L’utilizzo del 5G consentirebbe di autoalimentare questi investimenti”.

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