“Troveremo un accordo su Huawei”: con queste poche parole il presidente degli Stati Uniti Donald Trump in visita a Londra ha liquidato le domande dei giornalisti nella conferenza stampa congiunta con la premier britannica uscente, Theresa May. Una dichiarazione che lascia spazio a diverse interpretazioni e che in ogni caso lascia la porta aperta in considerazione della deadline di agosto relativa alla proroga concessa all’azienda cinese per quel che riguarda il ban americano.
Che Trump voglia il Regno Unito allineato al ban – così come tutti gli altri alleati -non è mistero. Ma certo spuntarla sul paese-amico per eccellenza nel Vecchio Continente non sarebbe cosa da poco. E in quanto ad asse “anglofono” anche l’Australia preme su Londra per la messa al bando delle soluzioni della compagnia cinese nell’ambito della realizzazione delle reti 5G. L’obiettivo sarebbe fare fronte comune a livello Five Eyes (Usa, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda).
Secondo quanto riporta il quotidiano Sydney Morning Herald funzionari australiani sono intervenuti su diversi fronti per evidenziare i rischi connessi all’uso di soluzioni di fornitori considerati “pericolosi” per la sicurezza. E l’alto commissario australiano a Londra George Brandis, che ha il ruolo di ambasciatore, è comparso il mese scorso davanti al potente Intelligence and Security Committee del Parlamento britannico e secondo fonti al corrente della riunione ha sottolineato la necessità che il gruppo Five Eyes adotti un fronte unito.
Intanto nei giorni scorsi Huawei ha presentato una mozione di giudizio sommario come parte del processo per contestare la costituzionalità della Sezione 889 del 2019 Ndaa (National defense authorization act) del 2019. Huawei, si legge in una nota ufficiale ha inoltre “invitato il governo degli Stati Uniti a interrompere la sua campagna sanzionata dallo stato contro Huawei in quanto ritenuta controproducente ai fini della stessa sicurezza informatica”.