"Oggi per fare sviluppo a tutti i livelli è obbligatorio investire nell’innovazione tecnologica. La riduzione delle risorse a disposizione dei comuni e il patto di stabilità, di fatto, obbligano gli enti a ‘buttarsi’ nell’avventura delle smart city utilizzando le tecnologie e sfruttando al massimo livello il rapporto con il privato". Roberto Reggi, delegato Anci alle Infrastrutture e sindaco di Piacenza, spiega perché è dalle città che deve partire l’innovazione di tutto il Paese.
Le smart communities sono l’architrave dell’agenda digitale del governo Monti. Perché tanto impegno in questo programma?
Per ragioni molto semplici. Le città in Europa sono chiamate a responsabilità sempre maggiori a fronte di risorse che invece si vanno assottigliando, hanno maggiori obblighi diretti nell’erogazione dei servizi essenziali e, infine, utilizzano il 75% delle risorse e producono il 75% dei rifiuti. Si tratta di condizioni ideali per investire nell’innovazione .
Quali sono le aree sui cui intervenire prioritariamente?
Bisogna intervenire su mobilità, ambiente, trasformazione urbana, economia della conoscenza, cultura e turismo. E ogni area deve essere inserita in un programma globale che valorizzi il rapporto con i cittadini perché è partendo dai loro bisogni che deve essere disegnata la città del futuro. In questo senso la tecnologia non è l’obiettivo, bensì lo strumento per accompagnare la transizione della città dal modello industriale a quello digitale post-industriale, dove il sistema economico del territorio è in grado di sviluppare conoscenza e competitività, dove si investe sul capitale umano e sociale e dove si punta a migliorare i servizi e la qualità della vita dei cittadini. Il tutto in un contesto di tutela delle risorse naturali. Non è un caso se le città europee più “smart” hanno iniziato questo cammino verso l’innovazione, predisponendo piani d’azione per l’energia sostenibile, con l’obiettivo dio ridurre le emissione di CO2 e stimolare la produzione di energie alternative.
Come lei accennava, i Comuni hanno a disposizione sempre meno risorse, sia per la riduzione dei trasferimenti di fondi dallo stato sia per il vincoli del patto di stabilità. Che fare?
È necessario rafforzare le partnership pubblico-privato così come stabilito dal Patto dei Sindaci lanciato dall’Unione europea. Si tratta di una modalità di investimento che, soprattutto in un momento di scarsità di risorse, diventa imprescindibile e che sarebbe utile anche per convincere le società proprietarie delle infrastrutture – penso ad Enel o Telecom Italia – sulle quali i servizi devono viaggiare a metterle a disposizione dei progetti.
C’è ritrosia da pare delle aziende ad “aprire” le reti?
Non sempre sono disponibili e questo ostacola l’ingresso sul mercato dei servizi innovativi per quei vendor interessati a proporre prestazioni a valore aggiunto ai cittadini e agli enti. Ma se si riuscisse a strutturare un modello PPP l’ostacolo sarebbe rimosso più facilmente. E proprio il rilancio dell’intesa pubblico-privato è uno dei punti fermi del modello che l’Anci sta elaborando in vista della pianificazioni 2014-2020 dell’Unione europea.
Di cosa si tratta?
Il modello di governance prevede una stretta collaborazione tra gestori di reti, vendor di servizi, PA e università che mira a mettere a sistema le esperienze dei Comuni per realizzare una rete nazionale di città intelligenti competitiva.
Le è sindaco di Piacenza. Nella sua città a che punto siete?
Piazza Sant’Antonino è diventata una piazza smart. Abbiamo installato un impianto dotato di tele-controllo basato su tecnologia a onde convogliate, impiegandolo stesso cavo elettrico di pubblica illuminazione. Il sistema gestisce il funzionamento di ogni lampada con un risparmio non inferiore a 18 t di CO2/anno. Lì è collegata anche la rete WiFi pubblica, un totem interattivo per navigare sul Web e la piattaforma di videosorveglianza.
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Pubblicato il 20 Mar 2012
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