Abilitatore di tanti, anzi tantissimi, processi di mobile business, l’identità digitale oggi è un vero e proprio “trend topic”: un fattore con cui si deve necessariamente confrontare chiunque – organizzazione pubblica o impresa privata – voglia incrementare la propria efficienza e la propria competitività.
Per capire meglio come l’identità digitale – o, più esattamente, l’identità digitale certificata – costituisca un ingrediente indispensabile nella ricetta per la crescita del business, consideriamo ad esempio quanto sta avvenendo nel settore banking.
Sotto pressione come mai in passato, le banche oggi devono affrontare sfide su almeno tre fronti.
Da un lato c’è la concorrenza agguerrita delle FinTech, che stanno sottraendo agli istituti di credito una buona fetta di business nel mercato dei servizi di pagamento e di backoffice; poi ci sono le cosiddette BigTech, come Amazon e Google, che puntano ad erodere la supremazia bancaria nel campo dei crediti e dei prestiti. Infine, ma non meno impegnativo, c’è il fronte della compliance: dalla PSD2 alla MiFID, fino alla nuova normativa per l’antiriciclaggio (AML), l’impegno per rispondere agli obblighi di conformità è davvero oneroso.
Schiacciate in questa morsa, le banche – per riappropriarsi di un ruolo da leader nel settore dei financial services – devono innanzitutto operare un profondo ripensamento e rivedere le attività in chiave strategica per focalizzarsi esclusivamente su un patrimonio di valore inestimabile e far leva su di esso: l’insieme dei dati dei propri clienti di cui – proprio come banche – sono garanti e custodi. La conoscenza profonda dei propri utenti è infatti una risorsa ineguagliabile, perché consente di proporre servizi su misura, per fidelizzare la clientela e farla crescere: è quanto già accade, ad esempio, con l’erogazione dei mutui personalizzati.
Parallelamente, le banche sanno bene come e quanto sono cambiate e stanno cambiando ancora le abitudini e le aspettative dei propri interlocutori. Il cliente, fino a qualche anno fa, si recava in filiale almeno per tutto ciò che andava oltre la semplice operazione di sportello. Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, preferisce dialogare con la propria banca esclusivamente nel “non-luogo” del virtuale, sempre accessibile da uno smartphone. E le banche più attente e innovative hanno già colto questa opportunità, come testimonia la crescita dei “mutui digitali”.
La vera opportunità di nuova crescita per le banche sta nel saper combinare il valore già in loro possesso – il patrimonio di dati dei loro clienti – a un’azione decisa verso una digitalizzazione reale e completa. In questo senso, un passaggio imprescindibile per le banche e determinante per il successo di qualsiasi loro processo di trasformazione digitale, è la piena certezza dell’identità dei soggetti con cui si relazionano da remoto.
E quanto sta accadendo nel banking, che abbiamo scelto come esempio pratico, è paradigmatico dell’evoluzione – già in corso o davvero prossima – di qualsiasi altro settore di mercato: un’evoluzione che dunque evidenzia la centralità e la valenza strategica dell’identità digitale che, proprio per questo, necessita massimi livelli di garanzia e affidabilità. Cruciale, in tal senso, è il ruolo dei Qualified Trust Service Provider (QTSP), gli unici soggetti ufficialmente autorizzati a rilasciare certificati digitali qualificati, i soli che possono essere utilizzati per creare firme elettroniche conformi al Regolamento europeo eIDAS.
Prendiamo il caso di InfoCert. È oggi il più grande QTSP in Europa e, fin dal 2015 ha affiancato banche e imprese con la propria soluzione TOP (Trusted Onboarding Platform). Si tratta di una piattaforma web che, combinando diversi servizi “trusted”, consente di avviare e completare da remoto tutto il processo di identificazione e contrattualizzazione di un cliente, in piena conformità alla normativa Italiana ed Europea. E prevede, proprio come primo e ineludibile passaggio, l’identificazione certa dell’utente con il rilascio di un certificato d’identità digitale conforme al Regolamento europeo.
Nel tempo, TOP si è costantemente evoluta – proprio come si è evoluta l’identità digitale – e oggi risponde a una chiara esigenza del mercato: unire i massimi livelli di trust a una customer experience efficiente e “low stress”.
Per farlo, InfoCert ha implementato tecnologie sempre più innovative per il riconoscimento degli utenti, servendosi anche di strumenti di intelligenza artificiale.
Al brevettato “Riconoscimento web”, che prevede l’intervento da remoto di un operatore fisico nel corso della procedura di riconoscimento, InfoCert oggi affianca infatti anche modalità di auto-riconoscimento o “self assessment”. In completa autonoma, un utente può dunque effettuare – via NFC – l’upload su TOP di un proprio documento identificativo, come il passaporto: i dati presenti vengono trasformati dalla piattaforma in metadati e, successivamente, verificati con tecnologie di “face matching”, ossia di confronto con parametri biometrici catturati dal mondo reale. Durante la procedura di identificazione, per completarla con il rilascio del certificato, l’applicazione può infine chiedere all’utente ulteriori azioni volte ad accertare la natura umana dell’interlocutore, come strizzare l’occhio, voltarsi a destra e a sinistra, sorridere, e così via.
Insomma, potremmo dire che, per ottenere un’identità digitale completamente “trust”, basta poco più che un batter di ciglia. Semplice. Com’è semplice far leva sull’identità digitale per migliorare il servizio ai clienti e raggiungere i propri obiettivi.
InfoCert: https://infocert.digital/
TOP: https://infocert.digital/it/solution/top-it/