LA DECISIONE

Privacy, il Garante: “Diritto all’oblio anche senza il nome”

L’Autorità a Google: se la persona è identificabile anche solo sulla base delle informazioni riportate online, il contenuto va cancellato

Pubblicato il 23 Lug 2019

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Il diritto all’oblio può essere invocato anche partendo da dati presenti sul web che non siano il nome e il cognome dell’interessato se lo rendono identificabile, anche in via indiretta. E’ il principio fissato dal Garante per la privacy in merito al reclamo di un professionista che aveva richiesto inutilmente a Google di cancellare una Url reperibile online digitando non il proprio nome, ma la sua qualifica di presidente di una determinata cooperativa.

La Url – spiega il Garante – faceva riferimento a una notizia non più attuale e non aggiornata, relativa ad un rinvio a giudizio avvenuto 10 anni prima, per il quale c’era stata poi una sentenza definitiva di assoluzione. La permanenza in rete della notizia rappresentava, per l’interessato, un grave e irreparabile pregiudizio alla propria reputazione. Alla richiesta di rimuovere la Url, Google aveva risposto di no, sostenendo che fosse inammissibile una richiesta di deindicizzazione per chiavi di ricerca che non includono il nome e il cognome di una persona fisica, sulla base di quelli che riteneva essere i principi fissati dalla Corte di Giustizia dell’Ue nella cosiddetta sentenza “Google Spain”.

L’interessato si era quindi rivolto al Garante, dopo aver tentato, ancora una volta invano, di far rimuovere la Url dal sito sul quale era stato pubblicato l’articolo. Diversamente da Google, l’Autorità – in questa specifica circostanza – ha ritenuto fondata la richiesta del professionista.

Il Garante – sulla base del Regolamento europeo che definisce dato personale “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile” – ha concluso che la Url che riportava la qualifica di presidente di quella determinata cooperativa si riferiva in maniera inequivocabile alla persona che aveva fatto reclamo. Per questo il pregiudizio subito dall’interessato non si poteva ritenere bilanciato da un interesse della collettività a conoscere informazioni che risultavano inesatte e non aggiornate. Il Garante ha quindi ingiunto a Google di rimuovere la Url e di comunicare entro trenta giorni dalla data di ricezione del provvedimento le iniziative intraprese per attuare le indicazioni dell’Autorità.

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