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Call center, ecco la ricetta “anti-crisi” dei sindacati

Rispetto delle tariffe minime nei bandi di gara, applicazione della clausola sociale e fondo di solidaretà per accompagnare i lavoratori nel processo di digital transformation tra i punti salienti della strategia. Slc, Fistel e Uilcom: “Occore ridare valore alla filiera”

Pubblicato il 30 Lug 2019

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Rispetto della tariffe minime di servizio nei bandi di gara e della clausola sociale. Secondo i sindacati, sono questi i primi punto su cui intervenire per affrontare la crisi dei call center.  Un settore labour intensive che vive in modo diretto tutte le dinamiche tipiche del mondo degli appalti, a cominciare dall’incidenza del costo del lavoro sui costi complessivi che, nelle aziende più grandi, è arrivata a pesare per l’80& dei costi totali. nelle aziende più grandi del settore all’80%).

“Negli ultimi anni vari interventi si sono susseguiti nel settore, alcuni a partire dalla normativa generale, che hanno segnato importanti passi in avanti ma non hanno strappato questo comparto da una costante pressione delle dinamiche competitive sui costi e sulle regole – spiegano Slc, Fistel e Uilcom –  Occorre ridare valore alla filiera, riattribuendo al settore la giusta retribuzione attraverso il rispetto di regole che già esistono e cercando strumenti che aiutino a gestire e superare l’esubero che oggi esiste nel settore”.

Vediamo la strategia elaborata dai sindacati punto per punto.

Clausole Sociali

Il settore dei customer è l’unico settore produttivo in Italia ad avere una clausola sociale garantita da una legge (art. 1 co. 10 legge 11/2016) e non solo per via pattizia. In queste settimane si stanno per realizzare cambi di appalto che coinvolgeranno complessivamente almeno 5000 persone in tutto il territorio italiano e che riguardano due grandi committenti come Inps e Enel. E’ il primo vero banco di prova di questo strumento. “Occorre esercitare, anche a livello governativo, una rigida vigilanza affinché, a partire proprio dalle pubbliche amministrazioni, venga effettivamente recepita nei capitolati di appalto”, sottolineano i sindacati.

Tariffe

L’accordo siglato presso il Ministero del Lavoro fissa la tariffa minima oraria a 0,43 centesimi di euro al minuto. Il rispetto della tariffa minima è essenziale – dicono le sigle – affinché il lavoro dato in appalto valga almeno quanto il costo del lavoro necessario per svolgerlo. Sotto questa soglia, come abbiamo visto in vertenze tristemente famose, non solo non esistono margini di guadagno per le aziende fornitrici, ma viene posta sul tavolo la scelta tra salvaguardia del posto di lavoro e diritti dei lavoratori, a partire dal mantenimento del salario fissato dal Ccnl. “Ad oggi quest’accordo – affondano i sindacati – è purtroppo largamente disatteso da tutte le committenze, a partire da quelle a controllo pubblico. Particolarmente esemplificativo il caso della commessa Enel. Grazie ad un sistema di penalità e malus su livelli di servizio e vendite di fatto la retribuzione arriva spesso e volentieri al massimo a 0,34 centesimi al minuto. In questo contesto è necessaria una maggiore vigilanza sui processi di costruzione dei bandi, a partire da quelli pubblici, affinché il costo del lavoro sia tolto dalla parte di costo comprimibile in sede di gara. Le tariffe, inoltre, devono essere “siano rese esigibili anche per i committenti privati e che non sia permesso disattendere la ratio delle norme come questa sul costo minimo e quella sulla clausola sociale attraverso cavilli fantasiosi che in questi anni abbiamo visto addurre dalle aziende.

Delocalizzazioni

Nel campo delle delocalizzazioni, nel 2012 è stata approvato l’art. 24bis del decreto legge n. 83, poi convertito dalla legge 134 del 2012, che permette ad un utente di scegliere se proseguire la chiamata con un operatore che risponde da un Paese extra Ue o essere trasferito – senza interruzioni e senza costi aggiuntivi – ad un operatore che risponde dall’Unione Europea. La normativa è purtroppo rimasta per lungo tempo disattesa e, sul lungo periodo, si è rivelata poco efficace contro le  delocalizzazioni; c’è poi il Protocollo di Autoregolamentazione da  firmato da alcuni committenti, “che fissava delle percentuali di volumi che sarebbero dovute rientrare dall’estero senza che le parti sociali avessero la visibilità della quantità totale di attività e che si è rivelato pertanto impossibile da verificare”, si legge nel documento diffuso da Slc, Fistel e Uilcom. “Occorre con urgenza prevedere provvedimenti che facilitino un processo di reshoring – spiegano – che favorisca il ritorno in Italia di quanti più volumi possibili, finalizzandolo al superamento dell’esubero oggi esistente nel settore, favorendo così l’occupazione stabile e duratura ed evitando fenomeni di ulteriore dumping”.

Ammortizzatori sociali

I call center possono accedere solo agli ammortizzatori straordinari che, finora – denunciano – sono serviti a tamponare “crisi occupazionali assolutamente rilevanti ed urgenti, ma non efficaci in termini di prospettive certe per il settore, né utili a permettere una vera ristrutturazione del settore, oggi più che mai necessaria per affrontare la sfida della digitalizzazione dei servizi”. “È urgente – avvertono i sindacati –  definire quindi un sistema di ammortizzatori sociali ordinari e certi per i customer care, che permetta di traghettare il settore verso l’aumento della qualità dei servizi e la digitalizzazione del Paese salvaguardando l’occupazione e valorizzando e accompagnando i necessari processi formativi”.

Fondo di Solidarietà per la Filiera Tlc

Considerato il quadro complessivo relativo agli effetti della trasformazione digitale del lavoro in corso. La creazione di un Fondo di solidarietà, con un sostgeno pubblico a garanzia della sua operatività,  sarebbe in grado di supportare anche le specificità del settore dell’outsourcing di servizi di Crm/Bpo.

Dumping contrattuale

È necessaria un’azione di indirizzo sulle società pubbliche o a partecipazione pubblica circa l’applicazione per gli appalti ed i subappalti del Ccnl Tlc o altri effettivamente equivalenti (parte sia economica che normativa).

Superamento del principio di gratuità e revisione dei livelli di servizio

Superare il principio di assoluta gratuità del servizio di assistenza alla clientela, principio che attualmente informa solo tale servizio in quanto svolto nell’ambito delle telecomunicazioni. Nel contempo occorrerebbe rivedere con la collaborazione delle varie Authorities coinvolte i livelli di servizio, equiparandoli tutti a quelli delle assistenze tecnichesegnalazione guasti. Oramai non esiste più un servizio meramente commerciale, tutti gli operatori svolgono di fatto compiti che prevedono una assistenza completa al cliente, compreso il disbrigo di pratiche particolarmente delicate e complesse. Garantire un tempo massimo di risposta comporterebbe, fra le altre cose, un miglioramento complessivo del servizio, specie per le fasce sociali più “deboli” e meno esperte di canali “not human” o “self caring”.

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