Il garante della privacy del Lussemburgo ha deciso di interpellare Amazon per avere chiarimenti sul funzionamento di Alexa, l’assistente vocale del gruppo di Jeff Bezos. Un chiaro, ulteriore segnale di quanto le istituzioni guardino con cautela al modo in cui le società che producono e commercializzano questi dispositivi, sempre più diffusi, utilizzano i dati personali dei consumatori. La preoccupazione della sfera politica – europea ma non soltanto – non ha investito solo Alexa: anche Apple e Google sono nel mirino di chi è deputato a controllare la correttezza del trattamento delle informazioni.
Dopo lo scoop del Guardian, secondo il quale alcune società contractor che lavorano per Cupertino ascoltano regolarmente conversazioni private registrate via Siri, Google e la stessa Apple hanno interrotto il servizio di analisi delle conversazioni. Il garante del Lussemburgo, che ospita la sede europea di Amazon, è il principale referente per il rispetto delle norme sulla privacy del gruppo nel Vecchio continente, e ha dichiarato ieri di essere in contatto con il rivenditore online di Alexa negli Stati Uniti. “In questa fase, non possiamo commentare approfonditamente il caso poiché siamo vincolati dall’obbligo del segreto professionale”, ha precisato un portavoce dell’ente. Amazon, d’altra parte, ha garantito di aver intrapreso opportune iniziative per risolvere eventuali problemi.
“Rispetto ad Alexa, offriamo già ai clienti la possibilità di rinunciare a utilizzare le loro registrazioni vocali per aiutare a sviluppare nuove funzionalità del servizio”, ha detto una portavoce dell’azienda.
“Le registrazioni vocali dei clienti che utilizzano questo opt-out sono anche escluse dai nostri flussi di lavoro di apprendimento che comportano la revisione manuale di un campione estremamente limitato di conversazioni con Alexa”.