E’ sempre più vivo il dibattito sulle possibili candidature ai collegi di due tra le maggiori Autorità indipendenti: Agcom e Garante privacy. Confesso di aver avuto una contrastante reazione: da un lato, l’apprezzamento per il fatto di avere qualche anticipazione in merito alla futura composizione di entrambi i collegi, dall’altro, la delusione nel dover constatare che il cittadino, cioè colui che dovrebbe essere maggiormente garantito da queste Autorità, rimanga sempre all’oscuro sia dello svolgimento dei processi decisionali di nomina sia dei criteri di selezione dei candidati. Le nomine, resta chiaro, sono e rimangono prerogativa esclusiva del mondo politico-parlamentare, come previsto dalla legge, ma perché in Italia non è possibile un confronto leale, aperto, schietto, partecipato?
Cosa ne pensa, ad esempio, il potenziale candidato/i di sottoporsi ad un dibattito pubblico? Si è disposti a manifestare apertamente il proprio punto di vista sui temi di riferimento? Ad un confronto con altri potenziali candidati, per dar corso ad una sorta di “primarie”, in cui spiegare quali sarebbero le linee guida per il periodo di carica, i rapporti tra impresa e pubblica amministrazione, tra mondo politico ed Autorità, rendere manifesto il requisito della “indipendenza”, non solo intesa come assenza di subordinazione da altri poteri ma anche come capacità di giudizio libera da condizionamenti o preconcetti. Perché non spezzare in modo definitivo, ad esempio, l’atavica sostanziale incomunicabilità tra mondo imprenditoriale ed apparati dello Stato.
Il virus dell’antipolitica attecchisce soprattutto laddove la spartizione occulta ed opportunista dei poteri si sostituisce con arroganza alla trasparente ed autonoma rappresentatività democratica. L’attuale situazione di patologia del sistema, che riduce la vitalità democratica effettiva e percepita nel Paese, incide negativamente sul rapporto fiduciario tra elettori ed eletti, e tra cittadini e pubblica amministrazione. A tutto danno sia di chi gestisce la cosa pubblica sia del singolo individuo, determinando l’incrostazione di percezioni di estraneità, connotate da posizioni di reciproco sospetto e chiusura. Del resto la scelta del legislatore di prevedere che l’Autorità abbia una struttura collegiale e non monocratica, evitando possibili degenerazioni verso forme decisionali carenti di una sana dialettica interna, portatrice dei vari interessi in gioco, è conferma che il confronto di idee è necessario. Perché non renderlo palese fin da ora?
So che quanto propongo possa sembrare utopistico, se non addirittura dare adito ad interpretazioni “dietrologiche”, ma proprio questo è ciò che più duole al mio personale senso dello Stato.