IL PAPER

5G, l’allarme di I-Com: “Ritardi ed extra-costi un danno per l’economia italiana”

La burocratizzazione delle verifiche e l’allungamento dei tempi per le autorizzazioni su apparati e sistemi di rete rischiano di azzerare il vantaggio dell’Italia. Il Golden Power non è garanzia di sicurezza, sottolinea l’Istituto per la Competitività che accende i riflettori sul Nesas, il Network Equipment Security Assurance Scheme

Pubblicato il 25 Set 2019

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Eventuali ritardi o extra-costi nell’implementazione delle reti 5G avrebbero un sensibile impatto nella riduzione dei benefici della quinta generazione mobile e quindi sull’economia dell’Europa e dei singoli Stati membri. È questo l’allarmante messaggio messo nero su bianco nel paper “Lo sviluppo del 5G in Italia tra competitività e sicurezza nazionale” a firma di I-Com.

Lo studio, presentato stamattina a Roma, oltre a ripercorrere la roadmap italiana – che dalla sperimentazioni ha già condotto al lancio dei primi servizi – evidenzia i rischi derivanti dal rallentamento del roll out delle reti. Nel citare un’indagine recentemente condotta da Assembly, I-Com porta all’attenzione il caso Gran Bretagna, dove eventuali restrizioni del mercato ai soli vendor europei genererebbero costi o mancate entrate fino a 6,8 miliardi di sterline nel triennio 2020-2022.

Se è vero che l’Italia è in una posizione di vantaggio – nell’indice Desi, che ci piazza complessivamente al 24mo posto in Europa balziamo però al secondo in quanto a stato di avanzamento della diffusione della quinta generazione mobile – è anche vero che la questione sicurezza potrebbe avere un impatto non da poco sull’avanzamento dei lavori. “Il dibattito recente è stato catalizzato dalle questioni relative alla sicurezza nazionale – si legge sul paper – in particolare per quanto concerne l’utilizzo di componentistica proveniente dagli operatori extra europei nella realizzazione delle reti 5G. Ciò è dovuto anche al ristretto numero di operatori che producono tale componentistica: Ericsson (Svezia), Huawei (Cina), Nokia (Finlandia), Samsung (Corea del Sud) e Zte (Cina). D’altra parte l’Italia presenta già da tempo un alto grado di internazionalizzazione nel settore tlc (con aziende a capitale americano, britannico, cinese, francese, svizzero)”. Secondo I-Com “considerando l’esiguo numero di aziende produttrici di apparecchiature 5G, che quindi operano su decine di mercati nazionali, la difficoltà di trovarsi di fronte a 28 diverse normative, che verosimilmente verrebbero riprese come criteri selettivi dai rispettivi bandi pubblici nazionali, rischierebbe di comportare criticità e ritardi sia sul fronte delle tempistiche che su quello dell’osservanza delle diverse normative nazionali”.

5G, la soluzione è il Nesas

Una soluzione – suggerisce l’Istituto per la Competitività – potrebbe essere costituita dal Nesas (Network Equipment Security Assurance Scheme), “le cui specifiche sono sviluppate congiuntamente dal 3Gpp e dalla Gsma proprio per superare le criticità dovute ad una moltiplicazione e sovrapposizione di requisiti di sicurezza dei singoli Stati. Un passo essenziale in tale direzione consisterebbe nel coinvolgimento di operatori di rete, vendor e istituzioni per la definizione di un protocollo di certificazione”.

Il Golden Power? Meglio un protocollo di certificazione

“Se il golden power è particolarmente adatto al trasferimento di pacchetti azionari, la sua applicazione risulta decisamente più difficile nel caso del processo di verifica degli apparati, che di fatto è dilatato nel tempo”, sottolinea I-Com evidenziando che “sembrerebbe preferibile la predisposizione di un protocollo di certificazione, che non si applica a un singolo momento temporale, dietro notifica, ma continuativamente, da parte di un ente certificatore – verosimilmente il nascente Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale del Mise, possibilmente coinvolgendo anche i vendor e gli stessi operatori di rete – e attraverso procedure che siano pragmatiche e allo stesso tempo neutrali rispetto agli elementi competitivi, in modo da garantire la rapidità di esecuzione così come l’apertura e l’efficienza del mercato”.

5G, massima trasparenza verso le aziende extra-Ue

Premessa la necessità di approfondire la riflessione circa le conseguenze che si ricollegano all’introduzione di strumenti di direzione delle dinamiche di mercato – dice I-Com – “è fondamentale che tale potere sia esercitato in maniera proporzionata e secondo modalità improntate alla massima trasparenza, per contemperare l’esigenza di garantire la sicurezza nazionale con la necessità di preservare e, se possibile, rafforzare, la capacità del sistema Paese di attrarre investimenti esteri”.

5G, 45 giorni per le verifiche: si rischia l’impasse

“Se da una parte la disponibilità di un maggior arco temporale dovrebbe consentire una maggiore ponderazione e valutazione da parte dell’Esecutivo (il decreto legge sul perimetro cibernetico ha allungato i tempi da 15 a 45 giorni ndr) dall’altra, rischia di frenare (tenendo conto anche delle possibili proroghe) quella dinamicità imprenditoriale assolutamente imprescindibile nella realizzazione e nel lancio delle reti 5G”. La proliferazione delle procedure e l’allungamento delle tempistiche per le verifiche – evidenzia I-Com – possono sia ostacolare l’implementazione delle nuove reti da parte degli operatori che hanno investito somme ingenti per aggiudicarsi i diritti d’uso delle frequenze destinate al 5G  sia disincentivare le imprese straniere a investire in Italia.

Chieppa: “Siamo sul binario giusto, percorso migliorabile”

“Siamo finalmente sul binario giusto per dare al nostro ordinamento una disciplina compiuta e seria per la sicurezza del 5G e non solo, si inizia a completare il quadro”. Questo il commento del segretario generale della Presidenza del Consiglio, Roberto Chieppa, intervenuto al convegno I-Com, sul decreto legge sul perimetro cibernetico. Il provvedimento, ha sottolineato Chieppa, definisce un “perimetro di sicurezza cibernetica” anche in “settori ad alta intensita’ tecnologica”, oltre alle reti 5G, e ha fatto tra l’altro riferimento alla Borsa di Londra. “E’ un percorso ‘in progress’ – ha concluso – certamente migliorabile con correzioni e aggiustamenti”.

Guindani: “Golden Power invasivo, si rischia di perdere un anno”

“L’applicazione del golden power sul 5G è una forzatura. E’ uno strumento invasivo che porta a ritardi e contraccolpi per le imprese”. Lo ha detto il presidente di Asstel, Pietro Guindani, salutando con favore il decreto sul perimetro della sicurezza cibernetica appena varato, che però appare debole sia per i tempi di applicazione che per le risorse in dotazione. Intervenendo al convegno di I-Com, Guindani ha ricordato che per la gara per il 5G “le imprese hanno sborsato 6,5 miliardi di euro, a cui se ne devono aggiungere tra 55 e 70 fino al 2025 per la realizzazione delle reti”. Un investimento “colossale” che per Asstel necessita di un quadro giuridico certo. “Il Golden Power mal si adatta a processi di mesi o di anni”. E sotto i riflettori anche l’incertezza relativa ai tempi dei decreti attuativi legati al perimetro cibernetico, che “rischia di farci perdere un anno”. Critiche anche sul fronte delle risorse assegnate: “Ci vorrebbe almeno uno zero in più ai 3,5 milioni previsti” e anche un numero maggiore di persone competenti da assumere con la giusta remunerazione perché “con questi soldi troveremmo dei patrioti magari, ma non degli esperti”. Insomma, “se non ci sono risorse umane e dotazioni tutto rischia di essere difficoltà e insuccessi”.

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